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Quanto è riposto nella configurazione del destino umano non penetra che in minima parte nella coscienza ordinaria; vige per lo più nell’incosciente. Ma appunto scoprendo ciò che è conforme al destino, si mostra come l’inconscio possa venir reso conscio. Ha cioè torto chi parla dell’inconscio, che è tale temporaneamente, come se dovesse restare per sempre nel dominio dell’ignoto e rappresentasse così un limite della conoscenza. Con ogni frammento che del suo destino si svela all’uomo, questi eleva all’ambito della coscienza ciò che prima era inconscio.

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