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Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia - ANIMA RAZIONALE-AFFETTIVA

  • Immagine del redattore: Pleroma
    Pleroma
  • 3 giu
  • Tempo di lettura: 4 min

[Tutti gli articoli che troverete nel presente post e nei prossimi che usciranno fino al giorno di Pentecoste, sono stati estratti grazie all’utilizzo dell’Archivio “Libera Antroposofia”



che è stato reso completamente gratuito per un anno dalla sua pubblicazione]


Versetto 7: “Beati i misericordiosi, perché raggiungeranno la misericordia attraverso sé stessi”. Dobbiamo immedesimarci nei sentimenti di ogni singolo uomo, e allora la misericordia che doneremo sarà ricambiata dagli altri.


[O.O. 97 - Il Mistero Cristiano]


È particolarmente mirabile il quinto versetto delle Beatitudini; ed è naturale che lo sia, poichè esso deve offrirci qualcosa di affatto speciale; deve riferirsi all’anima razionale o affettiva umana. Orbene, chi ha studiato, sa ciò che sta detto nel mio libro «Scienza Occulta» o nell’altro «Teosofia»; e ciò che del resto da anni è stato ripetuto nelle varie conferenze, ossia, che i tre arti dell’anima umana: anima senziente, anima razionale o affettiva e anima cosciente vengono tenuti insieme dall’Io. 


Ognuno sa che nell’anima senziente l’Io esiste in uno stato ottuso, ma che esso scaturisce fuori nell’anima razionale o affettiva e che soltanto per virtù di questo fatto l’uomo diventa completamente uomo. Mentre per gli arti inferiori – perfino per l’anima senziente – l’uomo è dominato da forze spirituali divine, egli diventa un essere individuale nell’anima razionale; in questa risplende l’Io. 


Nei riguardi dell’anima razionale o affettiva, quando essa ha acquistato la forza-Cristo, conviene dunque parlare in certo modo diversamente da come si parla degli arti inferiori. Negli arti inferiori l’uomo si mette in rapporto con determinate entità divine, le quali agiscono negli arti inferiori, nel corpo fisico, nel corpo eterico, nel corpo astrale e anche nell’anima senziente; e ciò che l’uomo sviluppa in essi in fatto di qualità ecc. viene a sua volta ricondotta sù a queste entità divine. Ciò che l’uomo sviluppa però nell’anima razionale o affettiva, quando essa evolve la qualità del Cristo, dovrà essere sopratutto una qualità umana. 


Quando l’uomo comincia da sè a scoprire l’anima razionale, egli diventa per mezzo di questa sempre meno dipendente dalle forze divino-spirituali dell’ambiente circostante. Questa è dunque qualcosa che si riferisce all’uomo stesso. L’uomo perciò, quando accoglie la forza-Cristo, può evolvere nell’anima razionale quelle qualità, che passano da pari a pari, che non vengono implorate come ricompensa dal Cielo, ma che ormai ritornano sempre a una medesima entità, che è l’uomo. 


Dobbiamo dunque intuire, per così dire, che ciò che affluisce dalle qualità dell’anima razionale è tale, che qualcosa di simile rifluisce a sua volta verso di noi. Il quinto versetto delle Beatitudini ci indica mirabilmente appunto questa qualità. Esso è differente da tutti gli altri – e sebbene le traduzioni non siano specialmente buone, non potevano però nascondere questo fatto. Quel versetto dice: «Beati i misericordiosi perchè questi troveranno misericordia». Ciò che affluisce, rifluisce di ritorno – e difatti così deve essere, se è compreso nel senso della scienza dello Spirito.


[…]


Dovremo ora considerare l’uomo come veniva considerato da coloro, che per mezzo dei santi misteri già sapevano in parte i veri rapporti di queste cose. E così pure i discepoli hanno dovuto gradatamente imparare a considerare l’uomo per mezzo della forza vivificatrice e istruttiva che dal Cristo irradiava e veniva loro trasmessa. 


Possiamo dire perciò: se consideriamo l’uomo, ora o anche al tempo del Cristo Gesù, troviamo in lui delle disposizioni, così, ad esempio, come ne troviamo in una pianta, quando non ha ancora che le foglie verdi, e non porta nè fiori, nè frutti. Quando si guarda una pianta, che ha soltanto le foglie verdi, si sa, che per quanto è vero che la pianta esiste, così pure essa contiene già in sè la disposizione al fiore e al frutto, che svilupperà in seguito, se tutto procede regolarmente. E così come è vero che dalla pianta, che ha soltanto le foglie verdi, cresceranno poi fiori e frutti, altrettanto è vero che dall’uomo, il quale, come all’epoca del Cristo Gesù, non ha che l’anima senziente e l’anima razionale o affettiva, crescerà l’anima cosciente, la quale poi si schiude al Sè Spirituale, perchè la Trinità Superiore – come un dono divino spirituale – possa affluire nell’uomo. 


Possiamo perciò dire: l’uomo si sviluppa da ciò che è il contenuto, le qualità della sua anima, così come la pianta con le sole foglie verdi si sviluppa poi fino ai fiori e ai frutti. L’uomo si sviluppa in modo che porge l’anima senziente, l’anima razionale e l’anima cosciente come un fiore del suo essere verso ciò che di divino discende a lui dall’alto, perchè per mezzo dell’accoglimento del Se Spirituale, egli possa proseguire ulteriormente il cammino verso le altezze dell’evoluzione dell’umanità. 


In questo modo gli uomini, che all’epoca di Gesù Cristo avevano sviluppato del tutto normalmente soltanto ciò che è esteriore, potevano dire: sì, ora è soltanto sviluppata in modo normale l’anima razionale o affettiva, che ancora non può accogliere in sè un Sè Spirituale; ma da quel medesimo uomo, nel quale come principio più alto si era evoluta l’anima razionale o affettiva, si svilupperà come un suo figlio, come un suo prodotto, l’anima cosciente, la quale può poi schiudersi al Sè Spirituale. 


E come veniva chiamato nei misteri ciò che l’uomo, conformemente all’intero suo essere, ha dovuto sviluppare, per così dire, come i suoi fiori, ciò che da lui è germogliato, ciò che è risulto dalla sua natura? Come lo si doveva perciò chiamare anche nell’ambiente del Cristo, quando i discepoli volevano veramente progredire? Lo si chiamava – se si vuol tradurre nel nostro linguaggio – il «Figliuolo dell’Uomo».


Rudolf Steiner

O.O. 23 - Il Vangelo di Matteo




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DEL SERMONE DELLA MONTAGNA






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