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Dalla religione al risveglio spirituale, il Cristo come Via di "ritorno" ai mondi spirituali

L’uomo si è immerso nel suo corpo fisico per fare le pro­prie esperienze coi suoi sensi fisici e viverne le vicende; per accogliere nella sua propria spiritualità tutto ciò che egli spe­rimenta all’esterno coi sensi fisici, e progredire così nella sua evoluzione. Tuttavia, oggi che abbiamo oltrepassato la metà della nostra evoluzione postatlantica, ci troviamo, in quanto immersi nel corpo fisico, in un caso specialissimo. Non an­cora tutti gli uomini, ma buona parte d’essi vi si trova già da ora.


Ogni evoluzione che si svolge in seno all’umanità ha un singolare decorso: procede, per così dire, in avanti fino a un dato segno, e giunta a quello segue la direzione opposta. Poi, dopo essere discesa fino a un punto determinato, risale di nuovo e ripercorre le stesse tappe, solo che le ripercorre in una forma più elevata. Sicché, realmente, l’uomo ha oggi da­ vanti a sé un singolare avvenire, un avvenire in cui (e ciò è ri­saputo da chiunque conosca questo fatto importantissimo dell’evoluzione dell’umanità) va determinandosi un graduale scioglimento del corpo eterico dalla sua rigidità, dopo che esso, sommerso nel corpo fisico, ha percepito in forme e in contorni netti tutto quanto vi sia oggi di percepibile nel mondo materiale. Il corpo eterico deve liberarsi di nuovo, riemergere, affinché l’uomo possa salire alla spiritualità e per­ cepire nel mondo spirituale. Effettivamente già oggi l’uma­nità si trova in quel punto dell’evoluzione in cui per gran parte delle individualità umane si verifica di nuovo questo svincolarsi del corpo eterico.


E qui ci si presenta una cosa particolarmente degna di nota, e noi sfioreremo addirittura il segreto della nostra epoca ponendoci sott’occhio il fatto seguente. Dobbiamo figu­rarci come il corpo eterico sia profondamente disceso in quello fisico ed ora si accinga alle vie del ritorno. Esso deve portare con sé dal corpo fisico tutto ciò che potè percepire mediante i sensi fisici; ma per il fatto che il corpo eterico si allenta di nuovo, tutto ciò che prima era realtà fisica in sen­so fisico dovrà a poco a poco rispiritualizzarsi. L’uomo deve dunque portare con sé, incontro all’avvenire, la consapevo­lezza, la certezza del fatto che uno spirituale esiste. Ciò non facendo, che gli accadrebbe? Il corpo eterico uscirebbe sì dal corpo fisico, ma l’uomo conserverebbe la sola possibilità di credere al mondo fisico e gli mancherebbe la consapevolezza che lo spirituale ha una realtà che riemerge col corpo eterico stesso, così come riemerge il frutto delle esperienze vissute nei corpo fisico. Potrebbe allora accadere che gli uomini non trovino l’opportuno adattamento a questa fuoruscita del loro corpo eterico.


Teniamo ben fermo il punto in cui il corpo eterico uma­no, che risiede totalmente nel corpo fisico, riprende a uscir­ne. Ammettiamo ora che l’uomo rilasci il proprio corpo ete­rico avendo perduto, per il fatto di essere vissuto nel fisico, ogni fede nel mondo spirituale, essendosi dunque svincolato del tutto, durante la sua vita nel corpo fisico, dal mondo spi­rituale. Ammettiamo che la sua discesa nel corpo fisico sia stata così piena e assoluta, ch’egli non abbia potuto salvare al­tra convinzione se non quella che la vita fisica è l’unica realtà. Ed ora lo vediamo entrare nell’epoca susseguente: il corpo eterico si libera dal fisico, abbandona l’uomo irrevocabil­mente, e l’uomo non è in grado di mettersi in salvo, in que­sta sua nuova condizione, portando con sé la coscienza d’un modo spirituale. Ecco il pericolo che in un avvenire prossi­mo potrebbe pararsi innanzi all’umanità: quello di non poter riconoscere il mondo spirituale che dovrebbe sperimentare grazie al distacco del corpo eterico; ma di ritenerlo sogno, fantasticheria, illusione. E coloro che sono discesi nel corpo fisico nel modo, diciamo, più raffinato e sottile, diventando scienziati materialisti, ossia coloro che si sono appropriati i concetti più rigidi intorno alla materia, formano la schiera degli uomini cui più forte minaccia il pericolo che, allonta­nandosi il loro corpo eterico, non abbiano il minimo sento­re dell’esistenza d’un mondo spirituale. Tutto ciò che allora di questo mondo spirituale essi sperimenteranno, lo riterran­no illusione, sogno, fantasticheria.


Questa è l’epoca in cui si sono mag­giormente sprofondati nel corpo fisico coloro che intendono fare da guida agli uomini, credendo di operare mediante una scienza spregiudicata: essi, che durante l’immergersi del cor­po eterico nel fisico, hanno totalmente persa la coscienza di un mondo spirituale! E debbo dirvi che proprio questi eru­diti cadranno più degli altri in balia del destino che ora vo­glio descrivervi. Quale, dunque, potrà essere, nel futuro, il destino di tali uomini?

Quando, nel futuro, il corpo eterico si sarà di nuovo al­ lentato, necessiterà all’uomo, per vivere in modo giusto la sua vita, la consapevolezza di ciò che si offrirà a questo corpo ete­rico e che risponderà ai bisogni umani di allora. Ma perché ciò avvenga, perché l’uomo possa essere, nel futuro, coscien­te del mondo spirituale, bisogna che nell’uscire dal periodo della totale immersione nel fisico egli porti con sé il sapere che un mondo spirituale esiste. Non dovrà mai in avvenire andare perduta la connessione tra vita religiosa e vita di co­noscenza.


L’uomo è partito da una vita che trascorreva entro la cerchia degli dèi; ad una vita fra gli dèi è chiamato a risa­lire. Ma dovrà riconoscerli, ravvisarli: dovrà proprio sapere che essi sono una realtà. L’uomo, quando il suo corpo eteri­co si sarà allentato di nuovo, non si potrà più ricordare dei tempi antichi; e se nei tempi intermedi avrà perduta la co­scienza dei mondi spirituali — assuefacendosi a credere sol­ tanto che la vita nel corpo fisico e il visibile nel mondo fisi­co sono la realtà unica e sola - egli, per tutto il tempo avve­nire, resterà come sospeso nell’aria, senza potersi orientare nei mondi spirituali; avrà come perduto il terreno sotto i pie­di. Ed ecco sorgere per lui il pericolo di ciò che si chiama “la morte spirituale”; poiché, quanto lo circonderà allora, sarà per lui irrealtà, illusione, sarà realtà della quale egli non avrà consapevolezza, realtà a cui non crederà; e l’uomo, così, si spegnerà! Questo è, nel mondo dello spirito, il vero morire. Questo minaccia gli uomini, se essi, prima di penetrare nei mondi spirituali, non portano con sé la consapevolezza di tali mondi.


Ma dov’è nell’evoluzione dell’umanità il punto in cui può essere conquistata a pieno questa coscienza del mondo spirituale? È il punto in cui s’è presentato agli uomini il gran­dioso modello dato dal Cristo, con la Sua discesa nel corpo fisico e la vittoria su di esso. Nella conquista di una piena comprensione del Cristo si offre all’umanità il mezzo di rial­lacciarsi alle antiche memorie dei tempi preistorici e a tutte le profezie del futuro. Che cosa additavano, infatti, tutti quelli che, prima del Cristo, furono fondatori di religioni? Additavano le anteriori incarnazioni dell’uomo e quelle avve­nire. Il Cristo scese nel corpo di Gesù di Nazareth quando questi contava trent’anni. Cristo è l’entità che visse un’unica volta in un corpo fisico. E con questo trionfo sulla morte, av­venuto una volta sola, viene mostrato all’uomo, purché giu­stamente lo intenda, come egli debba vivere per portar con sé in ogni epoca avvenire la coscienza che esiste un mondo del­ lo spirito. Questa è l’unione con il Cristo.


E come vivrà nell’uomo futuro l’idea del Cristo? L’uomo futuro volgerà lo sguardo indietro all’epoca in cui visse nel corpo fisico, così come l’uomo dell’epoca postatlantica guar­da indietro all’epoca atlantica in cui gli umani vivevano an­cora assieme agli dèi. Egli si sentirà vincitore su ciò che avrà sperimentato nel corpo fisico. Riascendendo al piano spiri­tuale, accennerà al fisico come alla parte ormai superata. Questo dobbiamo sentirlo preannunciato in una grandiosa azione profetica, quando contempliamo il miracolo della Pa­squa.


Due possibilità ha davanti a sé l’uomo avvenire. Una è che, rammentando il tempo in cui visse le sue esperienze nel corpo fisico, dica a sé stesso: “Solo ciò che esisteva allora era reale. Ormai siamo nel mondo delle illusioni. Realtà era la vita nel mondo fisico”. Quest’uomo guarda alla parte fisica abbandonata come a un sepolcro, e ciò che vede nel sepolcro è cadavere; ma il cadavere, come parte fisica, rappresenta per lui la vera realtà. Ecco una delle possibilità. L’altra è che l’uo­mo, volgendo indietro lo sguardo alle sue esperienze nel mondo fisico, le veda pure come un sepolcro, ma possa sen­tire in sé le parole: “Quello che cercate, non è più qui!”. La tomba è vuota, e Colui che cercate è risorto! La tomba vuo­ta e il Cristo risorto: ecco il mistero della profezia. E così, nel mistero della Pasqua, ci è dato il mistero della profezia.

Questa è la sintesi grandiosa compiuta dal Cristo tra il mistero del Natale, quale ripetizione dei misteri antichi, e il mistero della Pasqua quale mistero del futuro, il mistero del Cristo risorto. E sarà l’avvenire del cristianesimo, che l’idea cristiana non resti un semplice messaggio dei mondi superio­ri, non resti mera religione; l’idea cristiana è una confessione e un impulso della vita. Confessione, perché nel Cristo risor­to l’uomo vede ciò che egli stesso dovrà sperimentare di av­venire in avvenire; impulso della vita, perché il Cristo non è solo colui al quale l’uomo eleva lo sguardo e presso cui cerca conforto, ma è colui che gli è di modello per seguirne la vita col vincere la morte. Operare e vivere nello spirito del cri­stianesimo vedendo nel Cristo non soltanto il consolatore, ma colui che ci precede e che è, nel senso più profondo, affi­ne alla nostra più profonda entità, colui di cui la vita ci è d’e­sempio: ecco l’idea cristiana del futuro, capace di compene­trare di sé tutta la conoscenza, tutta l’arte, tutta la vita. E se vogliamo ricordarci tutto il grandioso contenuto della Pa­squa, troveremo in essa un simbolo del cristianesimo che è azione vera e vera vita.


Quando gli uomini, da un pezzo, non abbisogneranno più di comunicazioni religiose che portino loro notizia degli dèi, poiché tra gli dèi essi di nuovo vivranno, allora Cristo sarà per loro colui che li renderà forti ed invitti onde trova­re, nella cerchia stessa degli dèi, il giusto punto di vista. Non occorrerà più religione per credere a quegli dèi che gli uo­mini di nuovo vedranno, così come non occorreva loro quan­do in antico vivevano in mezzo agli dèi. Allora gli uomini non avevano bisogno di credere agli dèi, così come non ne avranno bisogno in avvenire quando li vedranno di nuovo e, fortificati e rinvigoriti dalle conquiste offerte loro dal cristia­nesimo, rientreranno nella cerchia divina. Spiritualizzati essi medesimi, gli uomini vivranno allora fra entità spirituali e potranno compiere il proprio lavoro in mezzo ad esse. Così, in un avvenire non molto lontano, l’uomo vedrà di nuovo il mondo fisico perdere per lui d’importanza e le cose fisiche a poco a poco svanire. La loro realtà andrà impallidendo assai prima che l’uomo lasci la Terra. Ma quando le cose fisiche andranno perdendo di valore e d’importanza, l’uomo o vedrà dileguarsi l’essenzialità del fisico senza poter credere alla spi­ritualità oppure, credendo, salverà in sé la coscienza desta alla spiritualità del futuro e non avrà da sperimentare la seconda morte.


Stare di fronte a una realtà che non viene riconosciuta come tale, porta a una grave perturbazione dello spirito. E gli uomini andrebbero incontro a questa perturbazione se, con l’allentamento del corpo eterico, sorgendo innanzi a loro i mondi dello spirito, essi non li riconoscessero come tali. Già oggi più d’uno potrebbe avere consapevolezza di questi mon­di, eppure non l’ha; e per contraccolpo, s’ingenera in lui ner­vosismo, nevrastenia, paura patologica. Questi fenomeni al­tro non sono, appunto, che un contraccolpo provocato dalla mancata consapevolezza del mondo spirituale. Chi di ciò ha sentimento vivo, sente pure la necessità di un movimento spirituale che, a vantaggio di coloro che van sorpassando i confini di una mera religione, conservi e custodisca la fede nell’uomo, in tutto l’uomo, cioè anche nell’uomo spirituale.


Riconoscere il Cristo significa riconoscere insieme l’uomo spirituale.

Portare nella vita avvenire dell’umanità l’idea del Cristo, significa superare il cristianesimo quale religione e condurlo, quale conoscenza, ai suoi più vasti orizzonti. Il cristianesimo penetrerà nell’arte, ampliandola, vivificandola; largirà all’arte potere creativo nella sua più vasta misura. Il Parsifal di Ri­chard Wagner ce ne dà un primo esempio. Il cristianesimo informerà di sé tutta la vita, scenderà in ogni attività terrena; e l’umanità, quando già da tempo non avrà più bisogno di re­ligioni, sarà più che mai forte e valida grazie agli impulsi cri­stiani che le furono dati quando essa si trovava a metà del quarto periodo di civiltà. Il Cristo apparve tra gli uomini nel periodo greco-latino. E come l’umanità dovette immergersi nell’imo della vita materiale, così deve essere condotta a ria­ scendere alla conoscenza dello spirito. E questo impulso l’ha dato l’apparizione del Cristo.


Tali sentimenti devono vivificare l’anima nei giorni in cui abbiamo simbolicamente intorno a noi il mistero della Pasqua. Poiché esso non è solo un mistero della memoria, bensì anche un mistero del futuro, una profezia per gli uo­mini che, poco alla volta, si libereranno dai vincoli e dalle pa­stoie della vita meramente fisico-sensibile.


Rudolf Steiner O.O. 102 - L'agire delle Entità Spirituali nell'Uomo

Berlino, 13 Aprile 1908


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