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Biografia Impulso: 3) E se fossimo tutti frutti dello stesso seme?

Crediamo sia giunto il tempo di fare un lavoro di natura biografica rispetto alle vicende dell’impulso, ed in alcuni casi dei singoli partecipanti o collaboratori. Trovate tutti gli articoli inerenti cliccando qui.

Era appena iniziata la vera fase di chiusura durante il Covid, in accademia ci hanno lasciato andare fino a quando hanno ritenuto che fosse opportuno, poi ci hanno dato alcuni esercizi da fare a casa e poco dopo inizio la quarantena. Avevo da poco completato il loro sito web (mi occupavo di grafica prima di lasciare tutto per andare in accademia a studiare) e mi sono proposto più volte di aiutarli nella comunicazione per cercare di avere più partecipanti ai corsi. Era strano che un posto così fosse seguito da poche persone, per lo più nel percorso triennale. Nel biennale, quindi lezioni quotidiane, eravamo meno di 20. L’approccio di apertura al digitale, web, non piaceva a molti e quindi la cosa non è mai andata in porto realmente. 


Nel frattempo continuavo il lavoro biografico con Giorgio, passando al vaglio i vari settenni, uno per ogni incontro mensile che avevamo. Gli chiesi se avremmo potuto fare uno “scambio merce” dato che avevo smesso di lavorare ed avevo speso quasi tutto quello che avevo fra scuola, affitto e l’intera opera omnia (acquistata dalla casa Editrice Antroposofica). Mi rispose che avremmo potuto iniziare con l’editing video di alcune sue conferenze che sono state poi pubblicate sul suo canale YouTube. Durante questa fase, parliamo del dopo Pasqua, dopo aver studiato i diversi libri sulla Cristologia delle conferenze tenute da Steiner in merito, decisi che avrei iniziato un digiuno terapeutico. Sentivo che in qualche modo l’organismo aveva bisogno di un reset. Chiesi consiglio ad un amico che si occupa di questo tipo di terapia, e dopo essermi preparato, iniziai. In sostanza bevevo tisane e centrifugati, non era un pieno digiuno, ed al contempo avendone la possibilità chiusi tutto quello che era un “ingresso dall’esterno”, dai film ai social media e così via. 


Fu un periodo molto intenso, ma a distanza di tempo lo ritengo uno dei momenti più importanti di quel periodo, e non solo per il digiuno in sé, ma per tutto il lavoro interiore che ho svolto ponendo a freno certi bisogni astrali, alcune brame che oscillavano fra ombre e luce. Cercai di ascoltarmi con devozione, avevo un programma giornaliero ben preciso, fra attività di studio e meditative, così come la relazione con la natura. Poco distante da casa c’era un rudere pieno zeppo di foglie ed erbacce, ma aveva una sembianza di un tempio, nel senso che si “vedevano” le due colonne ai lati ed una forma “quadrato + triangolo” che mi parlava. Ero sempre più stanco per via del digiuno, ed in certi momenti pensavo che non ce l’avrei fatta. Ma stranamente quel digiuno da un lato mi “esauriva” dall’altro mi “riempiva” e ciò che stava entrando era potente, davvero un dono di forze. Andavo a correre, lavoravo al tempio, portavo sempre più spesso Tom in giro, dipingevo, scansione o dei libri, creavo diagrammi, e se non fosse stato per quel bisogno di “masticare” più che di mangiare, avrei avuto pochissime tentazioni rispetto al cibo (l’unica cosa leggermente solida era il miele, che congelavo per poterlo appunto masticare - il miele è un cibo “già digerito” per questo potevo farne uso). 


Il tempio, se così posso chiamarlo, diventava sempre più evidente, e togliere le erbacce, le spine, la terra di troppo, era un lavoro più interiore che altro. Impiegai diversi giorni, ma poi si formò uno spazio in cui avrei potuto meditare, e data la stagione ne ho approfittato in diverse occasioni. 


[qui una foto del "tempio" una volta finito di essere ripulito, i mattoni che vedere nel sotto della foto erano tutti dentro allo spazio centrale fra le pareti]



Così passava il tempo, e dentro me aumentava la voglia di “fare qualcosa per l’Antroposofia”. Non sapevo ancora come, e con la conoscenza di Giorgio ero ormai certo che non si trattava di diffonderla io personalmente. Ma avevo qualcosa da donare, le mie capacità grafiche, di comunicazione, sociali in generale. Quindi restai in ascolto, e presto iniziarono ad arrivare alcune risposte. Iniziai a prendere maggiore coscienza quando studiando “Le cronache dell’Akasha” fui rapito dal bisogno di scrivere, e nell’arco di 4/5 giorni venne a galla un racconto immaginativo, che fluido scorse tra le pagine con una incredibile naturalezza. Era davvero un processo spontaneo, più scrivevo più venivano giù queste immagini. Rileggendolo mi dissi che non era possibile che fossi stato io a scriverlo, perché in effetti era una versione alternativa della storia del mondo “in discesa ed in risalita” al contempo. Lo intitolai “La Nostra Storia” e ne feci illustrare alcune parti per dargli ancora più una qualità di fiaba/racconto. Ma del progetto, ancora non vi era il segno. 


Al termine della quarantena, dopo un cambio casa sempre in zona per avere più spazio per le attività artistiche che stavano germogliando, fui contattato dall’accademia, convocato da tutti gli insegnanti. Forse a seguito di una lettera che avevo scritto alla direttrice, nella quale chiedevi come mai ci avessero quasi “abbandonato durante la quarantena”, e seppur fossi sorpreso, andai. Quando li incontrai (e non sto a farvela lunga) semplicemente mi dissero che secondo loro non ero “ancora” adatto a fare l’insegnante. Per loro avevo troppe forse di volontà e di pensiero, e meno di sentimento. Secondo loro dovevo abbandonare il percorso per almeno un anno, per andare a cercare queste forze altrove per poi riprovarci. 


Ecco… dopo aver scelto di seguire quel corso, sacrificando tutto il resto della mia vita, vi lascio immaginare come mi sono sentito. Semplicemente ero muto, fermo. Forse anche morto da qualche parte dentro di me. Ebbi la fortuna che ero nel processo di indagine biografica con Giorgio, quindi avevo un modo per collegare i punti, altrimenti mi sarei sentito davvero perso. Il bello del processo biografico è che se veramente motivati, il lavoro porta alla missione di vita. Dunque restai fiducioso, anche grazie alle immagini che venivano fuori dal lavoro artistico, che appunto mensilmente portavo avanti a supporto della biografia, e non persi la speranza. La commozione verso lo studio, le sensazioni vissute nelle meditazioni, le incredibili forze volitive in gioco a seguito di tanti avvenimenti, erano troppo intense per abbandonare. 


[di seguito le foto di due dipinti che feci durante il lavoro biografico, il primo è evidente, il secondo è stato fatto qualche settimana prima che iniziassi a pensare al viaggio sulla Linea di Michele]


Era quasi estate inoltrata, e tanto era accaduto, ma ancora ero ad Oriago perché non avevo altri programmi ormai. L’immagine di Michael come guida per il mio cammino, era sempre più chiara nel mio cuore, e stavo interessandomi alla linea di Michele, ma sopratutto ero curioso di conoscere quel tanto declamato luogo in cui i Nuovi Misteri vennero a sorgere, il Goetheanum. Iniziai a pensare quindi ad un viaggio da vivere da solo, come pellegrinaggio, che tracciava un cammino dal Veneto, passando dal Goetheanum a Dornach (Svizzera) per poi arrivare a Mont Saint Michel in Francia e poi ritornando fare un pit-stop a Chartres. Nel cammino erano previste altre cattedrali di Notre Dame, Nostra Signora, e poi chissà, magari altro. 



Con Giorgio decidemmo che sarebbe stato un bene fare questo viaggio, per permettermi di fare ordine e trovare nuova ispirazione per le scelte da prendere. Fu così che programmai le tappe e le date, sarei arrivato a Mont Saint Michel per il 29 Settembre del 2020. 


Mi fermo un attimo, e cerco di chiarire un aspetto di questa biografia dell’impulso. Forse ho starete domandando come mai io stia raccontando vicende personali, alcune molto specifiche, quando l’idea è appunto quella di parlare dell’impulso nel suo complesso. Ebbene, nel tempo mi sono, ci siamo, resi conto che più avanziamo in questo cammino, più l’impulso in un certo senso si sta incarnando, ma questo sta avvenendo soprattutto in collegamento al fatto che diverse persone si stanno ritrovando. Ognuna di loro ha il suo karma, così come l’essere che si sta formando “tra e con noi”. È come se le storie individuali lentamente ma costantemente si stiano intrecciando fra loro a formare il calice nel quale l’impulso può germogliare. Dopo tutto da un singolo seme derivano molti frutti, ed il processo è molto simile, solo che lo facciamo all’inverso. Ossia gli individui sono i frutti, ed insieme cerchiamo di risalire al seme. Per fare questo però c’è bisogno di un sacrificio di volontà, ossia i singoli devono cedere il proprio volere “individuale” per lasciare lo spazio ad un volere “collettivo, comunitario”. Io dal mio canto posso quindi narrare la mia storia da quando ho sentito di essere un frutto, e con Giorgio e tanti altri nel tempo, abbiamo ascoltato questa chiamata e stiamo risalendo insieme al seme. Non abbiamo la risposta certa che sia la strada “perfetta”, ma ognuno di noi aspira a questa perfezione affinché quel seme possa ricordarsi di essere ancora in vita, e con esso nel tempo creare, nuovamente, insieme. 


La mia storia dunque può aiutare solo a rendere più chiara l’idea di come possano accadere certi eventi, che visti da lontano e sporadici, possono sembrare causali, ma visti nel loro insieme e da vicino, unendo come dire i puntini, potranno poi generare un’immagine complessiva, appunto quella dell’impulso, dell’albero al quale siamo aggrappati come frutti. 


Col tempo altri fra noi potrebbero iniziare il lavoro di condivisione, quando si sentiranno pronti, ma è una loro scelta, e quindi attenderò, se accadrà. Per ora vi annoio con la mia storia, che presto diventerà comunque più ampia e meno personale, poiché la “mia” storia diventa la storia dell’impulso Pleroma. Non perché è importante che “io ci sia nel racconto” ma perché quando si arriva a questo approccio così onnicomprensivo fra l’individuo e la comunità, le due cose sono imprescindibili, inseparabili. Ogni evento personale è un evento collettivo, ma questo abbisogna dell amassima lucidità e chiarezza interiore per poterlo cogliere (probabilmente scrivendo in questo modo, sto cercando di acquisire maggiore consapevolezza di ciò).


Vi invito dunque, se lo vorrete, a commentare nel post, affinché ci sia vita anche in questo, e non sia solo una lettura passiva. Più andrò avanti più diventerà concreto questo racconto, fino al punto in cui ci troveremo nel momento presente e chissà che in questo viaggio, non nasca anche in voi la voglia come frutto di sacrificare il volere a favore del seme. 


Concludo con una poesia scritta in quel periodo, mentre passeggiavo in natura. 


“Ieri, oggi, domani. 


Che lo spirito accolga 

il nostro gesto di pace verso il mondo, 

e la nostra grazia negli sguardi alla vita. 


Che l’universo accolga 

la nostra serena risposta di quiete, 

e la nostra proposta di semina. 


Che la terra abbracci, 

che la pioggia solchi, 

che il vento vivifichi 

ed il fuoco accudisca. 


Noi, uomini delle stelle. 


Ieri, oggi, domani.”


Con affetto

Unopertutti Tuttiperuno 



Qui trovare i riferimenti per l'Associazione Pleroma affinchè se risuonasse qualcosa in voi, si possa trovare poi il “terreno nel quale coltivare insieme” >> https://www.pleroma.uno/associazione-pleroma


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