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Biografia Impulso: 1) I prodromi dei primordi

Crediamo sia giunto il tempo di fare un lavoro di natura biografica rispetto alle vicende dell’impulso, ed in alcuni casi dei singoli partecipanti o collaboratori. Trovate tutti gli articoli inerenti cliccando qui.

Dovendo trattare della biografia dell'impulso, partirò da molto lontano. Era l’Antico Saturno… quando la mia vita venne a formarsi come principio in un ovulo di calore essente. Scherzo! 


Non andremo così lontano nel tempo… ^_^ ma è interessante in alcuni punti far notare come alcune vicende dell’impulso Pleroma Scuola Misteriosofica siano in perfetta sincronia con momenti biografici personali molto particolari, che individualmente abbiamo vissuto nel corso di questi primi anni di attività. Tali eventi arriveranno da sé nel corso della narrazione, come naturali vicende che si inseriscono nella biografia complessiva dell’impulso e che inseriremo nel racconto come eventuali “salti temporali” o “coincidenze significative” o altro che vi farà notare che si sta cercando di mostrare un “collegamento”. Perdonatemi se a volte divagherò nei meandri della mia storia personale, ma l’obiettivo di questa narrazione è mostrare le persone dietro gli eventi vissuti, le anime dietro le immagini che costantemente creiamo, lo spirito che silenziosamente, delicatamente, muove il nostro agire. 


Molti di voi già avranno ascoltato la mia storia, ho pubblicato un video tempo fa in cui appunto raccontavo il come mi fossi avvicinato all’antroposofia ( link al video ), quindi non entro nel merito della mia storia personale che precede la nascita dell’allora progetto Opera Omnia Online, cercherò piuttosto di raccontarvi quel qualcosa che nel video, o altri pubblicati in seguito, non può essere ascoltato e che può lasciarvi immergere con ancora più presenza nella storia dell’impulso ad oggi. Lo farò attraverso gli occhi della mia vita, nella sincronia dei settenni, nell’avvicendarsi dei luoghi. In ciò che non si può vedere se non vivete dentro di me ecco. Altri collaboratori troveranno il loro modo di inserirsi nella biografia dell’impulso con la storia personale. 


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Era la primavera del 2020, ero nell’Accademia di formazione per diventare un maestro di Scuola Waldorf ed ero già passato alla modalità biennale che prevede la presenza quotidiana in aula, ma soprattutto era il periodo del Covid, della famosa quarantena, quando dentro di me sorse il profondo bisogno di intrecciare la mia esistenza all’Antroposofia, come grande ragione di vita, come una missione che presto si sarebbe rivelata tale. Avevo da poco scelto di acquistare l’intera Opera Omnia di Rudolf Steiner dalla Casa Editrice Antroposofica, dopo che ebbi scoperto che di libri ne esistevano davvero tanti ma che in Accademia ne avevano solo una piccola parte. Fui talmente rapito dalla lettura e dal lavoro meditativo che un giorno uscii per andare a fare la spesa e mi accorsi che le persone indossavano le mascherine e che erano pochissime le auto in giro, al che mia mamma durante una telefonata mi disse “ma non lo sai che stanno per dichiarare lo stato di quarantena?”. Nella mia stanzetta, in un appartamento di un piccolo casale nei pressi dell’accademia, stavo studiando come un matto, con mille fogli appesi alle pareti con diagrammi dell’Evoluzione planetaria, tabelle di correlazioni delle gerarchie, dei settenni, di numeri uniti a simboli, vari mantra trascritti nel quaderno esoterico, così come i primi esercizi e le impressioni ricevute, o collegamenti fra pensieri e così via. Ogni pagina di ogni libro era un viaggio, una scoperta, una piuma in più sulle mie invisibili ali. Ero talmente euforico che tempo e spazio erano scanditi dalle lezioni in Accademia, passeggiare con Tom e bisogni primari, il resto era dentro quelle parole e storia del mondo di sopra e di sotto che si dispiegava con una forza dirompente dentro di me. 


Certo, per quanto entusiasmato, a quel tempo muovevo davvero i miei primi passi nello studio della Scienza dello Spirito, e benchè i sette anni precedenti (e specifico sette) siano stati un incredibile girovagare fra culture e tradizioni spirituali di varie parti del mondo e tempi, non avevo mai avuto una sensazione così intensa rispetto ad uno studio, al contempo davvero così pratico. Pratico nel senso che di quel che leggi ne fai uno strumento, che sia di lettura della realtà o di interazione con essa, ma soprattutto di dialogo con il mondo interiore. Di ciò che leggevo facevo come un nuovo vocabolo del mio dizionario interiore, spirituale, e finalmente ciò che prima era un orizzonte luminoso ma irraggiungibile da rincorrere affannosamente, ora sembrava diventare un gradino sul quale poter salire, con calma e con la massima dose di umiltà e devozione. 


Di libri in generale ne avevo letti tanti fino a quel periodo (oggi li potete trovare tutti nel centro di Buggiano, così come l’intera Opera Omnia consultabile) e da ogni libro avevo preso quel che serviva al mio essere per intraprendere una nuova avventura, una nuova scoperta, quasi sempre nel fare. Come se la mia attività interiore avesse sempre bisogno di una conferma esteriore, mi sono addentrato sì nello studio, ma anche e soprattutto nella pratica. Se trovavo un riferimento al calendario Maya, dovevo sperimentarlo calcolando dati e inserendoli in un contesto. Se ricevevo indicazioni per un tipo di respirazione yogica, olotropica, o altra, mi dovevo cimentare nel praticarla, in diversi contesti, con diverse circostanze, e sentire cosa mi appartenesse davvero. Se avevo più chiarezza di un determinato simbolo, lo dovevo ricreare in una forma artistica o dovevo tentare di creare qualcosa di simile per conto mio. Insomma, il libro non bastava quasi mai, dovevo fare, fare, fare. Era un continuo tastare territori inesplorati per convincermi di essere sulla giusta via, mentre con l’avvento dell’Antroposofia ebbi la sensazione che finalmente ero “giunto a casa” e che in quella dimensione improvvisamente così familiare, potevo riposarmi pur restando incredibilmente affaccendato nello studio e nella messa in pratica delle indicazioni fornite dalla Scienza dello Spirito. 


Salto temporale:

Restando sul tema del fare, ricordo quando esattamente sette anni prima, e ci troviamo nella primavera del 2013, a seguito di alcune vicende personali mi ritrovai ad avere una particolare esperienza fuori dal corpo durante una meditazione (la prima meditazione in assoluto nella mia biografia) che mi ha proiettato in una dimensione a-spaziale e a-temporale in cui ebbi la sensazione come di morire ed al contempo rinascere. Quel che ho vissuto mi ha talmente provato interiormente che rientrai in me con un forte squilibrio, che da un lato cedeva il passo ad una forza di ricerca in ambito spirituale, di risposte piene di luce, e dall’altro rischiava di essere un cadere negli abissi più profondi dell’inconscio, deambulando nelle ombre dei traumi come in un labirinto senza vie d’uscita. 


Lo stato in cui mi ritrovai al rientro di quella esperienza, mi pose di fronte ad una missione: dovevo uscire da una certa psicopatia, definita a quel tempo dallo psichiatra come “ipertrofia dell’Io”. Di cosa si tratta lo potete chiedere a Google per far presto. Ma in sostanza, da quel che io conosco in materia, e lo conosco per l’esperienza vissuta e non per ricerche in merito, l’Io che vivevo in me a quel tempo non si sentiva mai abbastanza, a tal punto che aveva il bisogno di sentirsi al contempo al centro dell’universo (notate lo squilibrio?). Avevo paura di tante cose, in particolare modo della manipolazione, dell’essere derisi, del non avere la possibilità di credere ciecamente in nessuno, ma in fondo avevo paura della morte. Forse il mondo mi stava stretto, forse, appunto, io non ero abbastanza per quel mondo. Strattonato allora di qua e di là in questo vortice di bisogni, un giorno mi fermai e dissi a me stesso: ma tu, in che universo vuoi esistere? Qual’è l’universo “perfetto” secondo te? Qual’è la vita che vuoi vivere?


Partendo da questa domanda, chiaramente ipertrofica seppur ispirata ed ispirativa, mi sono detto che non avevo bisogno di nessuno e che sarei potuto guarire da solo, che la forza l’avrei trovata dentro di me e con essa avrei edificato la mia nuova esistenza, nel mio universo. In questo universo però sarebbe potuto entrare soltanto chi avrebbe superato un enorme rompicapo, come una sorta di test per i candidati (vi rendete conto che discorsi mi facevo?). 


Era trascorso poco più di un anno da quel rientro, ed avevo iniziato uno studio più preciso delle correnti spirituali e della meditazione. Accadde che un giorno, mentre si faceva una partita a dama in una vacanza in Sicilia nella Riserva dello Zingaro (nei pressi di Palermo), che io vincessi o perdessi mi sentivo di star male. Era come se una volta vissuta l’esperienza dell’aver perso, non avrei mai voluto che l’altro potesse viverla allo stesso modo. Quindi iniziai a pensare ad un gioco che non avesse né vincitori né vinti, un gioco collaborativo e non competitivo, e sinceramente pur cercando non ne trovai moltissimi (molti dei quali però erano stati pubblicati in Svizzera). 


Iniziai quindi a prendere carta bianca e matita, e dopo poco tempo vidi delinearsi davanti a me quello che pochi mesi dopo sarebbe diventato il “mio” gioco da tavolo, una rappresentazione in scala e simbolica di quello che sarebbe il “mio” universo perfetto. Creato con regole che sono una trasposizione di quelle che per me erano idee sostanziali per un sano stare nel mondo: la presenza di una libertà di scelta intrinseca, il fatto che nessuno in realtà vince ma che tutti collaboriamo alla riuscita di un obiettivo comune, che ogni singola vita è mossa da infiniti giocatori, che il bene e il male sono semplicemente due aspetti della stessa esperienza, che bisogna incontrarsi per vivere davvero, che il tempo è uno strumento per il risveglio, che la scelta è fondamentale ma che non siamo soli in questo, etc. È però un gioco particolarmente labirintico, soprattutto per coloro che non volevano entrare, perchè invece per tutti gli altri ben disposti è solo una porta da varcare. Un gioco che aveva come scopo primario lo scioglimento dei segreti, il raccontarsi ascoltando. Uno scopo comune, unico, seppur estremamente individuale. Un modo per cercare la verità in me attraverso l’altro, per tornare a credere? Per tornare a vivere?


Non mi dilungo oltre, e sicuramente vi chiederete: ma cosa c’entra tutto questo con l’impulso Pleroma Scuola Misteriosofica? Non vi biasimo, anche io inizialmente non ne avevo alcuna idea, soprattutto considerando che quando ho creato il gioco, dell’Antroposofia non sapevo assolutamente nulla, avevo appena iniziato a muovere i miei passi nelle letture in ambito spirituale. Eppure… Eppure qualcosa si muoveva già in me, e come sempre accade, è lo spirito che lascia tracce sul cammino, affinché al momento opportuno ci si possa voltare e tornare con la forza della memoria, per accettare che siamo sempre stati sostenuti dai mondi spirituali, anche quando poteva sembrare il momento più buio della nostra vita. 


Quindi vi lascio con un’immagine, semplicemente il logo del gioco. E vorrei che faceste un lavoro di ricerca molto semplice: osservatelo e ditemi se non trovate già alcuni degli elementi fondamentali della Scienza dello Spirito. Osservandolo, provate ad immaginarmi in quel tempo in cui nulla delle indicazioni della Scienza dello Spirito Antroposofica vivesse in me, e che invece: 


  • quando l’antico Saturno poteva al massimo essere un pianeta nel cielo invece di essere la prima delle sette incarnazioni della Terra

  • quando al posto di corpo, anima, spirito vivevo ancora in me l’idea di corpo, mente e anima;

  • quando il numero 4 era un qualcosa legato soltanto all’elemento terra/materia senza possibilità di mostrare la coscienza dell’Io che cresce nei 3 copri inferiori

  • quando le piramidi erano solo l’Egitto come terra ricca di simbologia, e non come un’Epoca di Cultura che ora vive in forma metamorfosata, ricapitolata, dal popolo italiano

  • quando non era minimamente presente in me l’immagine che esistessero le 9 gerarchie a cui l’uomo si “aggiunge” come futura decima gerarchia. 


Come potevo chiamare poi questo universo perfetto? Se non: “Pyramyd - Il gioco della Vita”


La ricapitolazione è sempre presente in noi, come una matriarca, un processo frattale. Ogni cosa è dentro l’altra ed allo stesso tempo ogni cosa è fuori dell’altra. Non è una contraddizione, ma una legge spirituale che una volta resa nostra, ci permette di trovare quegli indizi posti dallo Spirito, dall’Io non ancora desto eppur presente, con i quali prendere coscienza di sé e della propria missione di vita. 


Così esattamente sette anni (2013 > 2020) dopo quella fatidica esperienza che mi portò a vivere un’esperienza sovrasensibile, che in alcun modo avrei potuto comprendere, ho incontrato l’Antroposofia, l’ho scelta come via di conoscenza, e da quel giorno trovo risposte rispetto al mio passato, dando un senso al presente e convogliando quotidianamente nuove forze per attrarre a me il futuro. Quel futuro che in qualche modo è già stato scritto, nel 2013 come nel 2020 (quanto ho compiuto 30 anni), come nel 2027 che non so come mi raggiungerà o come lo raggiungerò io, ma ora ho strumenti che mi permettono di edificare il Tempio interiore e con esso contribuire alla narrazione della mia storia. Ciò che è destino diventa al contempo una libera scelta: un controsenso?


———


Così ebbe inizio la mia missione, che presto è divenuta la nostra missione. Perchè conoscendo Giorgio (stesso periodo, primavera 2020) è nata un’amicizia, una fratellanza, un legame profondo e sincero, che ci ha permesso di confrontarci costantemente su idee in merito alla diffusione dell’Antroposofia. Perchè non è possibile, eppure lo è, che una via di conoscenza così genuina e sincera come appunto è l’Antroposofia, non sia conosciuta abbastanza da poter essere vissuta da un numero sempre maggiore di individui, di comunità di Spirito. Da quella primavera in cui molto è cambiato per tutti noi a seguito del Covid, si è aperto un varco che ha permesso a molti di ritrovarsi, riunirsi nuovamente, per tornare a tracciare una strada percorribile per molti, accessibile per i più, rendendo fruibili contenuti che sono di una enorme vastità, ma un passo alla volta, con la stessa umiltà e devozione ormai sigillate nel mio, nostro, cuore. 


P.S. Questi racconti non avranno un preciso ritmo, né sono pianificati in termini di ciò che viene raccontato, quindi mi scuso a priori se potranno esserci momenti di espansione e contrazione spesso improvvisi, ma lascio che il flusso di coscienza possa parlare così come mi raggiunge, senza interruzioni di forma. 


Grazie sempre a tutti, vi aspetto nel prossimo piccolo passo biografico.



Qui trovare i riferimenti per l'Associazione Pleroma affinchè se risuonasse qualcosa in voi, si possa trovare poi il “terreno nel quale coltivare insieme” >> https://www.pleroma.uno/associazione-pleroma


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