Crediamo sia giunto il tempo di fare un lavoro di natura biografica rispetto alle vicende dell’impulso, ed in alcuni casi dei singoli partecipanti o collaboratori. Trovate tutti gli articoli inerenti cliccando qui.
Era piena estate quando stavo pianificando le varie tappe del viaggio in Francia passando per Dornach e per concludere in Inghilterra. Avevo la fortuna di poter godere di tempo libero ed in natura, come era stato per lo più durante l’anno trascorso, ma ora si era creato uno spazio dentro di me. A seguito dell’invito a lasciare l’accademia da parte degli insegnanti, a favore di qualcosa che potesse ricollegarmi maggiormente alla vita di sentimento, sentivo che era giunto di il tempo di tornare a creare, in una maniera ancora più tangibile. Per questo motivo il viaggio mi sembrò la via perfetta per tornare dentro e trovare nuove risposte. Quindi non mi persi di coraggio, ed anche se dal Veneto sarebbe stata una traversata piuttosto impegnativa, riuscii a pianificare il viaggio in auto con varie fermate, lasciando spazio a qualche improvvisata lungo il cammino.
La prima tappa da raggiungere era proprio Dornach ed il Goetheanum. Provate ad immaginare me in quel periodo: in piena fase d’innamoramento dell’Antroposofia, con l’entusiasmo a mille per le scoperte e le conoscenze che si sigillavano nel mio animo, immerso in un contesto Antroposofico dove si è parlato spesso di Geotheanum e delle sue iniziative ed ora ero pronto a raggiungerlo. Come saprete avendo letto le altre “puntate” di questa biografia, sono una persona a cui piace prima sperimentare e poi conoscere a fondo, quindi non mi informai più di tanto su cosa fosse, o cosa fosse successo lì nel tempo. Amavo solo sentirlo raccontare da chi era di passaggio, o assaporare qualche voce di corridoio mentre passeggiavo per l’accademia, ma per me era l’ignoto. Solo qualche foto vista da internet e immagine storica che ho incontrato scorrendo nei siti (che per lo più cercavo per libri che mi mancassero, o foto di artisti a cui ispirarmi).
Caricai tutto la sera prima, per non dimenticare nulla, e la mattina seguente quando ancora era buio, la “tartolina” (ossia piccola tartaruga - ossia la mia macchina) era già in strada ad un passo svelto ma moderato, musica per ogni ispirazione e via verso il cammino, verso la missione di vita. Ero eccitato all’idea di dover fare tanti chilometri, anche perchè era il periodo post covid e non potevo immaginare a cosa sarei andato incontro in termini di chiusura delle regioni, nazioni, mondi. Eppure sentivo che sarei stato protetto, che qualcosa mi avrebbe indicato la strada da seguire. Gli obiettivi principali erano appunto il Goetheanum e la collina di Dornach nel suo complesso, Mont Saint Michel per il 29 Settembre e Saint Michael’s Mount (in Inghilterra - sì sarebbe stato un viaggio lungo… ) poi chissà quali altri posti strada facendo.
Di buona volontà e animo sereno arrivai particolarmente presto alla prima tappa. Superata Milano mi è sembrato quasi che il tempo non esistesse. Ed eccomi a Lugano, poi Lucerna, poi Basilea, poi… Dornach. Limite di velocità 30 km orari, ben venga, volevo assaporarmela tutta. Navigatore alla mano per stare più comodi, ed ecco che arrivo a destinazione. L’hotel che scelsi era a pochi passi dal Goetheanum, in modo che potessi parcheggiare l’auto e passeggiare il tempo necessario. Non persi neanche un minuto, dopo aver posato le valigie mi diressi alla prima tappa. Ogni passo era eterno, non so spiegarmi meglio di così, eppure andavo piuttosto veloce. Non sapevo minimamente come arrivarci, non volli il navigatore in quel caso, ed il corpo in qualche modo sapeva, non chiedetemi perchè. Ma era una sensazione di una libertà incredibile. Quando fui ai piedi della colonia del Goetheanum, pur vedendo le forme antroposofiche delle abitazioni nei dintorni, non riuscivo a vedere il Goetheanum in sè. Era come nascosto dalla collina stessa. Intrapresi quindi la prima strada sterrata che trovai disponibile, anche attraversando qualche prato, davvero non avevo idea come arrivarci direttamente. Ma destino ha voluto che in quel momento ero “sulla coda del drago”, ossia il camminamento che porta esattamente di fronte all’edificio, al corridoio rettilineo che porta al Tempio dei Nuovi Misteri.
Come potete vedere dalla foto, non era una giornata di sole, ma quell’aria un po’ cupa e misteriosa, rese il mio arrivo ancora più interessante. Camminando in quel corridoio mi sentii per un attimo smarrito, come se pur conoscendo la direzione del mio intento, ossia entrare in quel luogo, sentivo che non era solo un ingresso fisico, ma giunse in me una responsabilità più intima e profonda. Giunto alla porta, cercai di aprirla, era pesantissima. Non so se sia capitato anche a voi, ma li hanno le porte automatiche, che si aprono con un semplicissimo pulsante, ma non sapendolo provai ad aprirla ed ero sorpreso dalla difficoltà che provai nel riuscirci. Chissà se sia voluto. Comunque entrai, e mi trovai di fronte ad un busto di Steiner che da il benvenuto ai viandanti nella hall. Iniziai quindi l'esplorazione.
Non volevo minimamente sapere dove stessi andando, ero come in labirinto del quale però non volevo nè cercare il centro, nè uscirne, e quindi ne assaporai ogni angolo, ogni direzione. Dopo poco il labirinto divenne un bosco e mi districavo tra alberi e cieli stellati. Per poi sentirmi come un animale alla ricerca del suo branco, scrutando tutti i passanti. Ebbi poi la sensazione di essere all’interno di un essere umano, sicuramente le forme, sicuramente i colori, l’atmosfera che si respirava. Tutto mi diede un forte senso di protezione, inspiegabile. Avevo la certezza che non sarebbe potuto succedermi nulla, nè lì nè per tutta la durate del viaggio. Mi presi del tempo per osservare ogni particolare. Potevo camminare in totale serenità, era tutto per lo più aperto e visitabile, ma una cosa non riuscii a fare, per lo meno il primo giorno, trovare il rappresentante dell’umanità - e mi fissai nell’idea che non avrei dovuto chiedere, quindi ero in attesa che mi convocasse in qualche modo.
Quando entrai nella grande sala… bhè… fui incantato. Rimasi ad osservare il soffitto per non so quanto tempo, in ogni angolazione possibile. Cercavo parti dei libri che avevo letto, aspetti della Cronaca dell’Akasha, della Scienza Occulta, sentivo che in quella volta c’erano risposte che andavano oltre i libri, ma quanto lessi fino ad allora era come una mappa per potermi orientare in quell’osservazione. Attraversai alcuni corridoi, la galleria d’arte con gli uffici (leggendo nomi e mansione ahahah), poi mi presi del tempo alla caffetteria, per leggere un po’. Si era fatta quasi sera ed il tempo peggiorava, quindi con una pioggerellina leggera rientrai in Hotel, dove trascorsi la restante parte del tempo a mangiucchiare qualcosa comprato al market e per riposare.
Il giorno seguente mi diressi verso il Castello di Birseck, sempre nella stessa zona dove alloggiavo, ad Arlesheim. In pochi minuti ero ai piedi del colle sul quale spuntata il pennacchio del castello, e seguendo il cammino sterrato, dopo aver attraversato alcune caratteristiche abitazioni ed un ruscello, mi trovai in una grotta. Non ho molte foto di questo passaggio, pubblico quindi le uniche due che ho fatto. A quel tempo non conoscevo la storia di quel Castello, ma era rinomato e collegato a Cagliostro, quindi era una tappa da fare. Salendo per quelle grotte e percorsi nel boschetto adiacente, sentii una calma particolare, una sorta di pace. I passi erano sempre più lenti e meno desiderosi di bruciare terreno. Anche qui non sapevo che direzione prendere, non sapevo se fosse aperto o meno, quindi semplicemente decisi che sarei arrivato alla parte più alta possibile, Per arrivare al castello vi sono due vie, una delle quali porta all’ingresso e l’altra invece porta ad una panchina di pietra dalla quale si vede l’intera valle. Giunsi alla panchina, l’altra strada non l’ho neanche percorsa (ho scoperto la cosa quando siamo stati lì per il nostro viaggio organizzato >> ….. ). Mi sedetti per bere e sgranocchiare qualcosina, poi fui come rapito. Sentii il forte bisogno di collegarmi meditativamente a quel luogo. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal silenzio e dagli odori. Anche qui, mi sentivo a casa. Le storie sul Castello le scoprii solo grazie a Giorgio, appunto durante il nostro viaggio. Quando appunto di accorsi che quella era proprio una panchina speciale. Poco distante dalla panchina vi era un’ingresso, che però non sembrava essere quello principale, oltre ad essere chiuso. Quindi diedi per scontato che non era destino che entrassi (per ora). Ripresi quindi il cammino.
Scendendo dal Castello presi una direzione diversa, che mi condusse ad uno stagno. Poco distante vi era una sorta di radura che portava ad un bosco molto fitto. Avendo idea di dove si trovasse il Goetheanum in termini di direzione, mi dissi che attraversando quel bosco sarei spuntato sulla collina di Dornach. Quindi presi la direzione e mi incamminai. Imboccai il primo “mezzo sentiero” che era segnato e… che dire, fu una magia pura. Immerso nel verde, da solo, nel silenzio, con tutto il tempo del mondo con me. Potei godere ampiamente di quella natura, seppur affaticato per la pendenza e la distanza che non potevo conoscere. Ma in alcuni casi è meglio non sapere esattamente quanto ci separa dalla meta, poichè ogni momento è come se fosse il primo, o l’ultimo. Quando sbucai alla fine del bosco riuscii a vedere le forme del Goetheanum e degli edifici intorno. Era giunto il momento di farsi accogliere in visita dal Rappresentante dell’Umanità.
Essendo giunto dal lato posteriore del Goetheanum questa volta, mi fu più facile trovare l’Atelier, e quindi in teoria il luogo dove fu realizzato (o in parte realizzato) il Rappresentante dell’Umanità. Dovetti aspettare del tempo all’ingresso perchè era chiuso, ma una volta dentro sentii un’aura solenne. Erano esposte alcune foto del momento del trapasso di Rudolf Steiner, in una delle quali una versione in scala del rappresentante era al suo fianco. C’era una singola sedia in tutto l’ambiente, mi sedetti e… meditai. Pronunciavo dentro me alcuni mantra, cercavo di evocare la Rosacroce, ma infine tutto mi porto ad un pianto morbido, affettuoso, rassegnato, umile, ma al contempo forte. Nel senso che piangendo sentii dentro di me una forza diversa dal solito. Era forse quella la chiamata? Ero finalmente pronto? Per cosa? Mi chiedevo se fosse tutto un sogno, o se stesse accadendo davvero, e non mi riferisco all’aspetto esteriore dell’evento, ma a quanto stessi vivendo interiormente. Avrei voluto solo poterlo abbracciare. Scusatemi se entro così nel dettaglio dell’evento, ma in quel momento mi sentivo ai piedi di quel letto, di quell’evento alla soglia fra i mondi, ed avrei voluto solo abbracciare quell’uomo che in pochi mesi ed in tanti libri ed esperienze, aveva radicalmente cambiato la mia intera vita.
Uscendo dall’Atelier si vedeva facilmente una seconda entrata del Goetheanum, che porta esattamente alla caffetteria, ma prima di questa si ha di fronte uno scalone che sembra interminabile. Ascensore? Ma anche no, quando posso assaporare questa gradazione di colori passo dopo passo. Salendo infatti sembra di essere in un arcobaleno e non avevo alcun interesse di dove avrebbe portato quella scala, semplicemente dovevo salirla tutta e chissà, magari vedere le cose dall’alto.
Una volta giunti alla fine delle scale ad attendermi vi sono i sigilli dei Drammi Mistero, che in quel periodo non conoscevo nè avevo la minima idea di cosa fossero, ma erano bellissimi. Poi qualche rappresentazione in scala del primo Goetheanum ed altre forme antroposofiche. Infine una porta, chiusa. Chissà se si apre? Mi dissi. E niente, ci provai. Aperta la porta mi trovai di fronte ad una rappresentazione in scala del primo Goetheanum, estremamente dettagliata (a quel tempo era disposta in quella sala, ora la ritrova invece all’esterno, in una zona di fianco all’Atelier). È fatta talmente bene che è da brividi, ci si può entrare dentro ed avere la sensazione di essere lì.
Quando uscii da quel viaggio nel viaggio, esplorai la restante parte della stanza e pochi passi più avanti, finalmente, lo incontrai.
Mi tremavano le gambe, forse per la stanchezza, forse per la sorpresa. Comunque sia mi dovetti sedere, e se avessi avuto modo mi sarei inginocchiato, ma vi erano altre persone nella stanza e non mi è sembrato il caso. Quindi seduto su quei gradini restai in ascolto, osservando e cogliendone ogni particolare. Sapevo che esisteva, che era stato creato. Lo lessi e ne sentii parlare. Ma credetemi, quando vi trovate di fronte al Rappresentante dell’Umanità, avete la sensazione di avere di fronte un essere vivente. È qualcosa di indescrivibile. La grandezza (circa 9 mt) è d’impatto, ma l’idea che fosse proprio lì, all’ultimo piano, come incastonato nella pietra, benchè di legno. È un’esperienza che supera la comprensione umana. So che questo lo si potrebbe dire di fronte a qualsiasi opera d’arte di artisti che hanno scritto la storia, ma sapere che quest’opera era così vicina nel tempo, che quasi si poteva toccare l’autore ed i collaboratori che vi hanno partecipato, è semplicemente un sogno ad occhi aperti. Restai lì abbastanza per lasciarmi cogliere da quello sguardo, vidi tante persone venire e meditare, alcuni anche solo ad osservare estasiati, altri forse della zona che passavano per un saluto. Era un altare in piena regola, in cui la massima devozione era richiesta ed in cui il silenzio ne cullava ogni forma. Il profumo del legno è poi ciò che resta addosso e diventa un ricordo indelebile. Non seppi trattenere qualche lacrimuccia anche qui, ma era impossibile diversamene. La sensazione di protezione che si prova in questo luogo è imparagonabile dal mio punto di vista. Poi decisi di riprendere il cammino, e come se stessi chiedendo una benedizione per quel nuovo inizio, chinai il capo con estrema gratitudine e chiudendo gli occhi, senza guardarlo un’ultima volta, portai tutte le immagini dentro me e lasciai la stanza.
Passai poi a salutare gli animali che pascolavano indisturbati (a quel tempo era così, di recente non ne ho visti). Colsi la bellezza della collina nei suoi alberi, ombre e percorsi nascosti nel verde. Osservando le abitazioni ed i giardini, tutto in stile Antroposofico. È un posto che non si troverà mai più in alcun altro luogo credo, e questo si sente forte, è vivente questa idea nell’aria. C’è appunto unicità ed eternità. Ero finalmente a casa... ero finalmente io.
Decisi di percorrere ancora qualche passo, e chiaramente non mi resi la vita facile, come adoro fare! Puntai quindi verso l’alto, verso il Dornek Castle, che sembrava, e dico sembrava, essere lì vicino. Mio Dio che sfacchinata. A metà del cammino stavo per rinunciare, ma ormai ero lì. Arrivato alla sommità del castello vi si trova un grande spazio con qualche seduta di pietra e due enormi alberi a sostenere i pellegrini, il panorama è pazzesco. Il vento, il silenzio, qui ero proprio da solo, completamente. Feci dei respiri profondi, erano respiri di gioia. Una grazia e tranquillità attraversavano il mio cuore. La sera dopo essermi riposato visitai Basilea, mangiando un boccone. Poi al rientro ero semplicemente appagato di tutto, mi sentivo pieno e vuoto al contempo. Ero pronto a dormire come Dio comanda, per poi ripartire alla volta di Mont Saint Michel… oppure… chissà!
P.S. Ho iniziato a scrivere con l’idea di raccontare tutto il viaggio in un singolo post, ma le mani hanno preso il sopravvento e mi sa che ci si deve raggiornare al prossimo post per le prossime tappe del viaggio. Non vi assicuro un singolo post per tutto il resto, ma farò del mio meglio. La strada è lunga, e non parlo solo del viaggio, ma del percorso vissuto in questi anni. Cercherò di essere più costante nella pubblicazione, ma voglio comunque ascoltarmi ed ascoltare, leggere i segnali e cogliermi in essi. Sarà quel che sarà, perchè comunque sarà, sarà quel che deve essere.
Grazie che mi accompagnate in questo cammino, in questo viaggio nel tempo. Intorno a me stanno succedendo tante cose che mi parlano di una trasformazione, di una metamorfosi. A volte cammino ad occhi chiusi per non vedere tutto, ma so che tenerli aperti è il mio compito e questi articoli mi aiutano in questo.
Da Dornach è tutto… cioè volevo dire da Firenze è tutto. Ci vediamo a Vezelay.
Con affetto
Unopertutti Tuttiperuno
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Qui trovare i riferimenti per l'Associazione Pleroma affinchè se risuonasse qualcosa in voi, si possa trovare poi il “terreno nel quale coltivare insieme” >> https://www.pleroma.uno/associazione-pleroma
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