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Il Fiore di Loto a dodici petali, lo sguardo chiaroveggente nel modo di sentire


Al principio dell’insegnamento i discepoli dell’occultismo sono di solito sorpresi nel vedere quanto poco chi è già spiri­tualmente evoluto sia “curioso” di conoscere le loro esperienze. Sarebbe meglio per loro non raccontare affatto le proprie espe­rienze e parlare soltanto della maggiore o minore difficoltà che incontrano nel compiere i loro esercizi o nel seguire le indicazioni.


Chi è già spiritualmente evoluto ha infatti mezzi ben di­ versi per giudicare dei loro progressi che non le loro dirette co­municazioni. Gli otto petali del fiore di loto a sedici petali riescono alquanto induriti da tali comunicazioni, mentre dovreb­bero conservarsi morbidi e flessibili. Per spiegarmi meglio citerò un esempio.


Per maggior chiarezza esso non verrà tratto dal mondo soprasensibile, ma dalla vita ordinaria. Supponiamo che io oda una notizia e mi formi subito un giudizio in proposito. Poco dopo mi viene riferita un’altra notizia sul medesimo argo­ mento che non concorda con la prima. Mi trovo perciò costret­to a modificare il giudizio che mi ero formato. La conseguenza ne è un influsso sfavorevole sul mio fiore di loto a sedici petali. Tutto sarebbe diverso se da principio avessi aspettato a formar­ mi un giudizio, se avessi “serbato silenzio” interiormente con i pensieri ed esteriormente con le parole sull’intera vicenda, fino al momento in cui potessi avere elementi del tutto sicuri sui quali basare il mio giudizio.


La prudenza nel formare ed esprimere giudizi diventa gradatamente la caratteristica speciale del discepolo dell’occultismo. Per contro, cresce la sua ricettività per le impressioni e le vicende che fa sfilare dinanzi a sé in silenzio, al fine di crearsi la maggior copia possibile di esperienze alle quali attenersi quando gli è necessario giudicare. Tale modo pru­dente di agire produce nei petali del fiore di loto delle sfumatu­re rosso-azzurrognole e rosso-rosee, mentre nel caso opposto le sfumature che si presentano sono di colore rosso-scuro o aran­cione. In modo analogo al fiore di loto a sedici petali si forma, nelle vicinanze del cuore, il fiore di loto a dodici petali. Anche in questo la metà dei petali già esisteva ed era in attività in un passato stadio dell’evoluzione umana. Questi sei petali non ri­chiedono perciò una speciale elaborazione durante la disciplina occulta; essi compaiono spontaneamente e cominciano a ruota­re non appena gli altri sei vengono elaborati. Anche qui, per fa­vorire lo sviluppo di questi ultimi, occorre che il discepolo dia coscientemente una determinata direzione ad alcune speciali at­tività dell’anima.


Bisogna rendersi ora chiaramente conto che le percezioni dei singoli sensi spirituali o animici hanno caratteri diversi. Il fiore di loto a dodici petali trasmette una percezione diversa da quella del fiore che ne ha sedici. Quest’ultimo percepisce figu­re. La maniera di pensare di un’anima, le leggi in ordine alle quali si effettua un fenomeno naturale, si palesano al fiore di lo­to a sedici petali in figure. Non sono però figure rigide, immo­bili, bensì attive, piene di vita. Il chiaroveggente in cui è svi­luppato questo senso, per ogni genere di pensiero, per ogni leg­ge della natura, può dire la forma in cui si esprimono. Un pen­siero di vendetta assume per esempio una figura appuntita, dentellata un pensiero benevolo ha spesso la forma di un fiore che si schiude, e così via. Pensieri esatti, significativi, hanno forma regolare, simmetrica; concetti poco chiari hanno contorni in­ crespati e incerti.


Dal fiore di loto a dodici petali si hanno percezioni del tut­to diverse. La natura di queste percezioni si può caratterizzare a un dipresso paragonandole a calore e a freddo dell’anima. Un chiaroveggente dotato di questo senso sente emanare, anche dal­le figure che percepisce per mezzo del fiore di loto a sedici peta­li, del calore animico o del freddo animico. Immaginiamo ora che un chiaroveggente abbia sviluppato il solo fiore di loto a se­dici petali e non quello di dodici. In questo caso, di un pensie­ro benevolo, vedrebbe soltanto la figura sopra descritta. Un al­tro che abbia sviluppato ambo i sensi, osserva pure l’emanazio­ne di tale pensiero che appunto si può solo indicare come calo­re dell’anima. Occorre però fare notare che nella disciplina oc­culta un senso non viene mai sviluppato senza l’altro, sicché l’e­sempio citato serve soltanto per una maggiore chiarezza. Con la formazione del fiore di loto a dodici petali, si sviluppa nel chia­roveggente anche una profonda comprensione dei processi della natura. Tutto ciò che è in via di crescere, di svilupparsi, emana calore animico; tutto ciò che appassisce, deperisce e muore si presenta col carattere di freddo animico. Lo sviluppo di questo senso può essere favorito nel seguen­te modo.

Occorre per primo che il discepolo regoli il corso dei propri pensieri (il cosiddetto controllo dei pensieri). Come il fiore di loto a sedici petali viene sviluppato con pensieri veri, si­gnificativi, così quello a dodici petali con l’interiore padronan­za del corso dei pensieri. I pensieri svagati, che non si susseguo­no in modo sensato e logico, ma che sono associati per puro ca­so, guastano la forma di questo fiore di loto. Quanto più un pensiero segue l’altro, quanto più tutto ciò che non è logico vie­ne evitato, tanto più quest’organo sensorio consegue la sua for­ ma adeguata. Quando il discepolo ascolta pensieri illogici, deve mentalmente subito pensare quelli giusti. Per favorire la propria evoluzione non deve, con poco spirito di amore, evitare la com­pagnia di persone poco logiche. Né deve sentirsi spinto a cor­reggere subito tutto ciò che vi è di non logico attorno a lui. De­ve piuttosto riordinare interiormente, con completa calma, i pensieri che lo assalgono dall’esterno, e dar loro una direzione logica e assennata. Nei propri pensieri egli si sforza di conserva­ re ovunque questa direzione.


La seconda qualità è quella di essere nelle proprie azioni al­trettanto conseguente (controllo delle azioni). Ogni incostanza e disarmonia nell’agire conduce a rovina il fiore di loto di cui ora parliamo. Il discepolo dell’occultismo, dopo ogni sua azio­ne, deve regolare quella seguente in modo che risulti in modo logico dalla prima. Chi agisce oggi in senso contrario a ieri non svilupperà mai il senso caratterizzato.


La terza qualità è l’educazione alla perseveranza. Il discepo­lo dell’occultismo non lascia mai che alcuna influenza lo devii dallo scopo che si è imposto, finché continua a ritenerlo giusto. Gli ostacoli sono per lui una sollecitazione a superarli, mai un impedimento.

La quarta qualità è l’indulgenza (tolleranza) verso gli uomi­ni, gli altri esseri, e anche di fronte ai fatti. Il discepolo reprime ogni superflua critica di ciò che è imperfetto, brutto o cattivo, e cerca piuttosto di comprendere tutto ciò che gli si avvicina. Co­me il sole non nega la sua luce al brutto e al male, così egli non nega il suo interessamento comprensivo. Se il discepolo si trova di fronte a qualche contrarietà, non si perde in critiche sfavore­voli, ma si adatta alle circostanze e cerca, per quanto la sua for­za glielo permetta, di volgere la cosa in bene. Non considera le altrui opinioni soltanto dal proprio punto di vista, ma cerca di mettersi nella condizione dell’altro.


La quinta qualità è l’obiettività di fronte ai fenomeni della vita. A questo riguardo si parla anche di “fede”, o di “fiducia”. Il discepolo muove incontro a tutti, a ogni essere con questa fidu­cia. Se ne riempie in ogni sua azione. Quando gli viene comu­nicato qualcosa, non si dice mai: “Non lo credo perché è contrario all’opinione che ho avuta finora”. È piuttosto sempre pronto a rivedere la sua opinione e la sua veduta, e a corregger­le di fronte ad altre opinioni. Si mantiene sempre ricettivo per tutto ciò che gli si avvicina, e ha fiducia nell’efficacia di ciò che intraprende. Scaccia dal suo essere la timidezza e la tendenza al dubbio. Se nutre qualche proposito ha anche la fede nella forza della sua idea. Cento insuccessi non valgono a togliergli questa fede. E la “fede capace di muovere le montagne”.


La sesta qualità è l’acquisto di un certo equilibrio nella vita (imperturbabilità). Il discepolo si sforza di conservare un’equili­brata serenità, così nel dolore come nella gioia. Perde l’abitudi­ne di oscillare fra una gioia esagerata e una depressione mortale. La sventura e il pericolo lo trovano corazzato quanto la gioia e la prosperità.

I lettori di opere scientifico-spirituali trovano ciò che è sta­ to descritto, nelle “sei qualità” che chi aspira all’iniziazione de­ ve sviluppare in sé. Qui occorreva esporre il loro nesso con il senso animico del fiore di loto a dodici petali. La disciplina oc­culta può anche dare speciali indicazioni che accelerano la ma­turazione di questo fiore di loto, e anche qui la formazione re­golare di quest’organo sensorio dipende dallo sviluppo delle qualità sopra citate. Se non si provvede a questo sviluppo, l’or­gano risulta deformato. In tal caso, con lo svilupparsi di una cer­ta chiaroveggenza, le suddette qualità possono volgersi al male, anziché al bene. L’uomo può diventare particolarmente intolle­rante, pauroso, contrario al suo ambiente. Ad esempio può arrivare a sentire i sentimenti delle altre anime, e di conseguenza al­lontanarsene od odiarle. Può giungere a tal punto che, per il freddo che gli invade l’anima di fronte a opinioni opposte alle sue, non sia in grado di ascoltarle, assumendo un atteggiamen­to ostile.


Se a tutto ciò che è stato detto, il discepolo dell’occultismo aggiunge l’osservanza di alcune istruzioni che può ricevere dal suo maestro soltanto a voce, si determina un corrispondente ac­celeramento nello sviluppo del fiore di loto. Tuttavia, le indicazioni dare qui conducono senz’altro alla vera disciplina occulta. Però, anche per chi non vuole o non può seguire una disciplina occulta riesce utile organizzare la vita nella direzione indicata, perché l’effetto sull’organismo animico si verifica in tutti i casi, sia pure lentamente.


Per il discepolo dell’occultismo l’osservan­za di queste massime fondamentali è indispensabile. Se seguisse una disciplina occulta senza osservarle, entrerebbe nei mondi superiori con un occhio mentale manchevole; e invece di rico­noscere la verità, andrebbe soggetto soltanto a errori e illusioni. Sotto un certo riguardo diventerebbe chiaroveggente, ma in realtà cadrebbe vittima di una cecità maggiore di prima, perché almeno fino ad allora si teneva forte nel mondo sensibile e ave­va in esso un determinato appoggio; ora invece vede dietro al mondo sensibile e vi si smarrisce, prima di trovarsi sicuro in un mondo superiore. Potrà magari non più distinguere il vero dal falso e perdere ogni direttiva nella vita. Appunto per questa ra­gione la pazienza è tanto necessaria in queste cose. Bisogna sem­pre riflettere che alla scienza occulta non è consentito superare con le sue indicazioni il limite segnato dalla buona volontà di se­guire un regolare sviluppo dei fiori di loto. Si svilupperebbero vere deformazioni di quei fiori, se venissero portati a maturazio­ne prima di avere conseguito con tranquillità la forma che loro spetta. Le istruzioni speciali della scienza dello spirito favorisco­no infatti la maturazione; la forma viene però data dal genere di vita descritto.

Rudolf Steiner

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