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Lettera al Gruppo Giovani Mani... da un bambino, che vorrebbe soltanto giocare!

Continua questa nuova sezione del nostro portale, in cui nel blog si troveranno da oggi in poi >> articoli scritti dai collaboratori al progetto. Tali articoli possono avere qualsiasi sapore o dissapore, intenzione o evocazione. Ognuno di noi renderà pubblico ciò che vuole del proprio essere in questo piano di esistenza, e l'Antroposofia non è necessariamente il tema centrale. Vi lasciamo entrare... abbiatene cura.

Fino all’ultimo non sapevo se lasciare fluire le parole in diretta, oppure prendere qualche nota. Alla fine è da circa un’ora che scrivo e quindi vi incontro così, con un me che parla, ma lo fa con calma… dosando le parole, avendo cura di come disporle, essendo comunque in un flusso che mi rigenera ogni volta che inizia e che mi permette di ascoltare e vivere una certa verità interiore. 


Quindi… 


Ciao giovani… ma anche meno giovani. Che poi, chi può dire se siamo davvero giovani o meno. Se guardo Giorgio mi dico sempre che sono un vecchio… forse lui ha la formula magica, oppure nasconde la pietra filosofale in uno dei cuscini del suo letto rosso scarlatto. Sicuramente è per tutti noi una fonte di eterna saggezza, che senz’altro aiuta la nostra giovinezza a tenersi fresca e raggiante. E scelgo di partire da Giorgio, solo perchè è in un certo senso il massimo comune divisore o minimo comune multiplo fra tutti noi (non ditegli che ho usato questo termine così arimanico, mi raccomando). Parlo di lui perchè credo che lui, e la relazione che ho con lui, per me sia l’esempio di ciò che io desidero vivere nella mia nuova vita, quello che c’è fra noi è appunto una relazione che supera le difficoltà dell’amicizia comunemente intesa o le difficoltà di una relazione d’amore generalmente accettata. C’è incontro di intenti, rispetto delle reciproche unicità, nessuna forzatura, tutto fluisce… ma soprattutto c’è verità e libertà ad un livello che non ho mai sperimentato prima. 


Purtroppo, non sono ancora giunto a quel punto del mio cammino in cui posso essere per gli altri ciò che Giorgio è per me, ed ormai è chiaro che tutte le vicende che mi hanno strattonato in questi anni erano un messaggio per il mio mondo interiore. Qualcuno dall’altra parte del velo mi stava dicendo semplicemente: “Sveglia rimbambito, svegliati da questo sonno e smettila di sognare.” Ma cosa? Quali sogni stavo vivendo ad occhi troppo aperti da non accorgermi di essere in realtà sveglio ed ipnotizzato? Eppure quante cose che abbiamo fatto… forse troppe? Non me ne spiego il senso, ma ora vedo una traccia di un nuovo cammino. Un cammino che mi chiede di tornare con i piedi per terra, mi tornare ad assaporare il terreno, cercando di tenere l’aria fra le piume delle ali che sono nate, alimentando il fuoco della mia missione e della mia passione senza però prendere fuoco, ma soprattutto tornare a galleggiare invece di sprofondare nell’acqua delle emozioni, nei flutti del desiderio. 


Belle parole vero? In effetti sono bravo a scrivere, ed anche a parlare, a convincere le persone, a fare il mercante, il mercenario se serve, l’imperatore ove mi trovo in difficoltà, o addirittura il despota quando non ho più parole che curano da donare… già! Da una passione alla fine passo ad un vizio, da una benedizione per la mia anima passo ad una maledizione per il mio corpo, mentre lo Spirito è lì che attende, alle porte dei miei pensieri ormai costantemente riflesso di un compito che diventa sempre più grande, tanto più grande quanto io divento più piccolo. Perchè vedete, io in realtà sono per lo più un fanciullo irrequieto, perchè vorrei soltanto giocare… vorrei solo tanti amici con cui giocare. Solo che il gioco si è fatto grande, ed io sono rimasto sempre più solo a giocarlo, per scelta o per destino non lo so, e quindi devo inventare mille strategie per poter andare avanti. Amici immaginari, storie dalle mille e una notte, fiabe senza fine, sogni nei quali io sono tutti e nessuno. Tutto quel che serve pur di restare qui, a giocare… a questo gioco che credo di aver inventato e del quale invece ne sono soltanto parte, una piccolissima ed infinitesimale parte. Una paranoia del passato che diventa uno strumento per attraversare il dolore del presente. Il sè che si cura di sè, da sè e per sè. Ma quanto potrà durare ancora?


Tempo fa da lassù mi hanno chiesto di creare un gioco da tavolo proprio mentre ero nel pieno della mia paranoia, oppure sette anni dopo di iniziare il cammino del Matto quando la paranoia si era appena sopita? Da paranoico a Matto, fa ridere non è vero? Diciamo che dai piani alti sapevano che potevo attraversare questa condizione di isolamento, un isolamento che parla di quanto sia importante imparare a restare presente a me stesso, soprattutto nelle relazioni del mondo manifesto. Un isolamento che implica andare avanti prima degli altri per poi tornare indietro con qualcosa in più, ma chissà se ne sono davvero capace o mi sto solo convincendo di esserlo. Perchè sarebbe facile ritirarsi a vita eremitica, soffrire per qualche tempo dell’assenza del mondo lì fuori, e poi vivere fra dentro e fuori, fra cuore e piante, con qualche animale a ricordarmi di quanto sia magnifica l’esistenza, fortificandomi e restando in quel singolo posto in totale silenzio. Così finalmente la parola che pronuncio o scrivo, non potrà ferire più nessuno, ma solo disegnare, dipingere, creare poesie senza tempo e lasciare una sincera eredità. 


Ma questo non è il mio cammino, non è ciò che come “leader” devo esperire. Quanto invece mi spetta da fare, come mi è stato consigliato da una giovane fra voi… è incontrare questo “leader” dentro di me, un piccolo Simba che deve incontrare Timon e Pumba e prendere il posto di Mufasa, senza diventare Scar…  per fortuna che ogni tanto incontra Rafiki per una lezione importante. Ad un livello di conoscenza, in fin dei conti, è una storia che regge. Ma oggi chi sono? Dove devo andare? Chi voglio diventare?Proprio oggi queste parole mi sono state donate… con cura e affetto… la cura e l’affetto che cerco, che risuonano come una sinfonia per le mie azioni:


“Un vero, buono e giusto Leader impara a dare Fiducia, perché solo fidandosi condivide il suo peso, impara a fidarsi anche se gli altri non potranno mai fare il lavoro come lui e come dice lui. Imparare a delegare anche se gli altri non avranno mai la stessa forza che ha lui, ma hanno lo stesso cuore e lo stesso intento. Impara a rispettare gli altri, i tempi degli altri, così come sono, perché non potrebbero essere altrimenti. Imparare a vedere e soprattutto rispettare la bellezza degli altri, i limiti degli altri, e imparare a mostrare i suoi, perché è solo così che verrà visto amato rispettato e seguito. Le sue debolezze sono ciò che lo rende così forte e unico e sono ciò che il popolo ama o imparerà ad amare, perché la luce è facile da amare ma sono le ombre che lo rendono umano e come gli altri.”


E allora mi ritiro, anche se non a vita eremitica, mi faccio da parte, creo spazi in cui altro ed altri possano esprimersi. Lo faccio con un leggero timore, perchè quel bambino che vuole giocare ha finalmente trovato qualcuno con cui farlo… ma… per poter giocare al gioco della vita, della sua specifica vita, deve lasciare che altri inizino a fare la propria mossa mentre lui è altrove, un altrove da dove a stento può osservare. Magari a cercare altri giocatori, seppur vivendo comunque quel senso di esplorazione che genera una certa solitudine. Ma è così che deve essere. Perchè sapervi lì a giocare, a qualcosa che ho contribuito a generare, mi rende forse ancora più felice di poter ripartire, di intraprendere nuovi cammini. In fondo la solitudine non è mai tale, lo sappiamo bene tutti. Ma come dicevo, non ho ancora la formula magica nè per la giovinezza, nè per la saggezza… ed ogni giorno la cerco dentro e fuori di me. Confrontandomi con i miei demoni, perchè con loro ci si deve pur parlare in qualche modo, così come con gli angeli, che in un modo o nell’altro vogliono indicarci la via. Imparo il demonese mentre parlo l’angelitano, e nel frattempo cerco di rendere tutto più simile al dialetto umanizzato, con scarsissimi risultati mi sa. 


Dunque cos’è che non comprendo? La lingua degli angeli, quella dei demoni o quella degli umani? Perchè da qualche parte il mio vocabolario fa cilecca e non riesco a districarmi in questa traduzione simultanea. Per fortuna, come appunto dicevo, ogni tanto trovo momenti di comunione con Giorgio, in cui non ho bisogno di parlare tutte le lingue insieme, perchè basta semplicemente essere me stesso e le cose fluiscono. Non è facile, per nessuno di noi, ma con lui è meno difficile. Lo sappiamo. Dunque… di fronte a tale individualità, voi non sareste disposti a tutto pur di preservarla? Pur di tenerla in una condizione di serenità tale da permettergli di infondere i nostri cuori, le nostre menti ed i nostri arti, di sentimenti, pensieri e azioni che volgono al nuovo Mondo? Bhè… io vorrei che poteste credermi fino all’ultimo centesimo di vocale che sto pronunciando, ma io ci provo, senza tregua. Provo a proteggere tutto ciò che che creiamo. Non posso riuscirci sempre, non posso avere la chiave sempre, eppure le porte continueremo ad aprirle. Ora so che deve succedere insieme… un insieme che prima non contemplavo davvero, ma che in qualche modo “usavo”. Ora bisogna attendere… ora bisogna respirare… ora bisogna lasciare lo spazio… ora bisogna osservare quanto si dispiega nella comunità che stiamo valorosamente formando, e ricevere nuove indicazioni quando sarà il momento. 


Fa male… fa tanto male… quando alcune parole vengono mirate al mio cuore, senza tener conto che è pur sempre un cuore. E ne arrivano, sia da lontano che da vicino, ma so che è tutto parte di un processo maestoso che sta germogliando in me, e senza ombra di dubbio devo esperire anche fuori di me. Perchè il cuore si fortifica, la volontà si valorizza, i pensieri si sciolgono, e tutto ciò che mi viene incontro è l’eterno che si fa attimo, un attimo che solo io posso vivere. Ormai è evidente. Così come un altro pezzo di eterno diventa attimo in Giorgio, in Alessandro, in Jacopo, Giorgia, Manuel, Stefan, Giovanni, Anahi, Ros, e tutti coloro che si radunano intorno a questa tavola, pronti per l’ultima cena, pronti per una nuova colazione. Già, perchè abbiamo la fortuna di poter vivere l’ultima cena senza perderci la colazione seguente, perchè qualcuno ha già vissuto l’ultima cena per tutti noi, così come la passione, la morte e la resurrezione. Eppure… miei giovani amici giocatori di questo gioco… ci tocca! Prima o poi ci tocca. Cosa? Lo sapete bene e se non lo sapete ancora, sono certo che presto lo scoprirete. 


Lasciatemi quindi annoiarvi ancora con queste ultime parole, poi vi saluto che so che avete tante cose da fare… lasciatemi dire una cosa che riassume tutto in poche semplici parole. 


Sento la vostra mancanza e mi dispiace… mi dispiace aver spinto troppo sull’acceleratore, mandando un burn-out le nostre amicizie. Ma… chi non ha mai sbagliato scagli la prima pietra, che state certi, io la prendo e la sgrezzo, perchè su questo posso garantire. Non c’è pietra che non abbia voglia di sgrezzare. Solo che ho strumenti un po’ artigianali, un po’ arrangiati, e con questi, faccio del mio meglio. 


Perdonatemi se sono come sono, ma ricordatevi di ciò che vedete oltre ciò che non volete vedere. Perchè dietro quel velo, c’è sempre stato, c’è e ci sarà sempre… una pietra da sgrezzare… una pianta da innaffiare e curare… un animale da custodire, coccolare e ringraziare… un uomo da incontrare, in cui riflettersi, riconoscersi ed abbracciare nel bene e nel male… ma soprattutto… sempre più in fondo, sempre più al centro… c’è un bambino… un bambino che non chiede altro che… giocare. 

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