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Fede, amore e speranza in San Francesco d'Assisi - Le forze morali e il rinnovamento sociale

Ho fatto notare ieri che la nostra esposizione sui fonda­ menti della morale antroposofica e sui suoi impulsi dovrà essere basata su fatti e perciò, come abbiamo cercato di fare, ponia­moci davanti dei fatti che in modo eminente mettano in luce impulsi morali.


Quanto mai luminoso ci apparve il fatto che potenti im­pulsi morali abbiano pervaso la personalità di Francesco d’Assisi e che per mezzo di essi questa personalità sia stata spinta alle sue azioni. E infatti, che genere di azioni sono le sue? Sono tali che, nel più alto senso della parola, mostrano moralità. Egli era circondato da uomini afflitti da terribili malattie contro le qua­li, allora, non esisteva rimedio alcuno. I suoi impulsi morali agi­vano in modo che non soltanto molti di questi gravi malati eb­bero sostegno morale e grande consolazione, e per molti di essi questa era la sola cosa possibile, ma per alcuni, quando la fede, la fiducia erano altrettanto grandi, potè avvenire che le forme morali che scorrevano in Francesco d’Assisi avessero una vera forza curatrice, apportatrice di salute.


Per addentrarci meglio nella questione dobbiamo doman­darci da dove scaturivano gli impulsi morali proprio in una co­sì eccelsa personalità come quella di Francesco d’Assisi, e come egli era arrivato al punto che tali forze morali potessero svilup­parsi.


Come era penetrata in Francesco d’Assisi tale forza animi­ca? Visto che non siamo qui riuniti per trattare di scienza natu­rale, ma per comprendere la morale umana nei suoi fondamen­ti occulti, noi dobbiamo prendere in considerazione alcune ve­rità occulte. Dobbiamo però domandarci: da dove proviene in realtà un’anima come quella di Francesco d’Assisi? Per com­prendere una simile anima dobbiamo osservarla un poco nelle sue più nascoste profondità. Bisogna ricordare a questo propo­sito che l’antica divisione in caste dell’india subì una prima scossa per opera del buddhismo, che introdusse nella vita del­ l’Asia l’idea che la divisione in caste non fosse più giustificata, perché esso riconosceva possibile, per l’Asia, l’elevazione di ogni singolo ai gradi più alti che l’uomo può raggiungere. Noi sap­piamo anche che questo capovolgimento fu possibile soltanto attraverso la grande, potente personalità del Buddha, perché il Buddha, come ci viene abitualmente narrato, diventa Buddha in una incarnazione, mentre prima era un Bodhisattva, che è il gra­do di dignità immediatamente inferiore. Perciò il figlio del re Suddhodana, nel suo ventinovesimo compleanno, sperimentò in sé le grandi verità della vita e del dolore, perciò raggiunse la grandiosa possibilità di annunciare nel mondo asiatico quello che noi conosciamo come buddhismo.


Ma nello svilupparsi dal grado di Bodhisattva a quello di Buddha è insito qualche cosa che non dobbiamo perdere di vi­ sta. L’individualità che attraverso molte incarnazioni aveva agito come Bodhisattva e si era poi innalzata a Buddha, quando è di­ ventata Buddha è entrata per l’ultima volta in un corpo sulla ter­ra, e quell’incarnazione in cui da Bodhisattva diventa Buddha è l’uitima per lui. Da allora in poi una simile individualità agisce soltanto da altezze spirituali, agisce spiritualmente. Così ci si presenta il fatto che l’individualità del Buddha, dal V secolo avanti Cristo, ha agito soltanto da altezze spirituali.


Ma il buddhismo ebbe un seguito. Il buddhismo trovò la possibilità di compenetrare non soltanto la vita dell’Asia, ma la vita spirituale di tutto il mondo allora conosciuto. È noto come sia grande in Asia il numera dei suoi seguaci. Ma in forma più nascosta e velata esso continua a diffondersi nella vita spirituale europea; e noi dobbiamo soprattutto mostrare che quella parte del grandioso insegnamento del Buddha che riguardava l’ugua­glianza degli uomini era particolarmente adatta ad essere accet­tata dalla popolazione europea, proprio perché essa non era sta­ ta ordinata secondo una suddivisione in caste, ma piuttosto ba­sata sull’assenza di differenze e sul senso dell’uguaglianza di tut­ti gli uomini.


Sulle sponde del Mar Nero venne fondata, in tempi remoti, una specie di scuola occulta che perdurò ancora a lungo nel tem­po cristiano. Essa era diretta da uomini che vedevano il loro più alto ideale proprio in quel lato della dottrina del Buddha che ab­biamo caratterizzato. Ma ebbero la possibilità di lasciar irradia­re sull’insegnamento che il Buddha aveva portato all’umanità la nuova luce degli impulsi cristiani che essi avevano potuto acco­gliere in sé. Per farne meglio comprendere il carattere, così co­ me lo vede l’occultista, devo presentare la scuola misteriosofica del Mar Nero nel seguente modo.


Si trovavano là riuniti degli uomini che, in un primo tem­po, avevano maestri esteriori, sul piano fisico. Da questi veniva­ no introdotti all’insegnamento e ai principi provenienti dal buddhismo, permeati però da quegli impulsi che il cristianesimo aveva portato nel mondo. Dopo una giusta preparazione, essi venivano condotti a innalzare e liberare le forze di profonda sag­gezza giacenti nella loro interiorità, così che erano portati a una visione chiaroveggente dei mondi spirituali. La prima facoltà raggiunta dai discepoli di quella scuola occulta, guidata da mae­stri incarnati sul piano fisico, fu, per esempio, quella di poter conoscere anche quei maestri che non scendevano più sul piano fisico, come il Buddha. I discepoli di questa scuola occulta im­pararono veramente a conoscere faccia a faccia, se così si può di­re di un essere spirituale, il Buddha. In questo modo egli conti­nuò ad agire spiritualmente nei discepoli della scuola occulta, ed agì così con la sua forza sin sul piano fisico, pur non discenden­do più sul piano fisico egli stesso in una incarnazione fisica.


I discepoli di questa scuola si raggruppavano in due sezioni, a seconda del grado di maturità acquisito. Venivano scelti sol­ tanto quelli che avevano raggiunto una maggiore preparazione, una più alta maturità. La maggior parte degli scolari potevano veramente arrivare ad essere così chiaroveggenti da contemplare colui che con le sue forze cercava di portare il suo impulso sul piano fisico, nonostante egli stesso non discendesse più nel mondo fisico; essi imparavano così a conoscere il Buddha in tut­ti i suoi segreti e in tutto ciò che egli voleva. Un buon numero di questi scolari rimase al grado di chiaroveggente, altri pochi invece, oltre alle qualità della conoscenza e della chiaroveggenza psichica, svilupparono anche un elemento spirituale particolare che non si deve separare da un’umiltà, da una forza di devozio­ne altamente sviluppata. Questi ultimi arrivarono così, proprio in questa scuola, a ricevere in misura straordinaria l’impulso del Cristo; essi poterono anche raggiungere la chiaroveggenza in modo da poter essere prescelti a divenire seguaci particolarmen­te eletti di Paolo, e da accogliere immediatamente nella vita stes­sa l’impulso del Cristo. Da questa scuola dunque derivarono due gruppi di discepoli: uno si sentiva spinto a diffondere ovun­que l’insegnamento del Buddha, anche senza nominarlo; l’altro accolse inoltre l’impulso del Cristo.


Però la diversità fra queste due specie di discepoli non si manifestò così fortemente subito, ma soltanto nella successiva incarnazione. Quegli scolari che non avevano accolto in sé l’im­pulso del Cristo, ma erano arrivati all’impulso del Buddha, di­ vennero maestri di uguaglianza e fratellanza fra gli uomini. Quegli scolari invece che avevano accolto l’impulso del Cristo, nella vita successiva risentirono ulteriormente l’azione di questo impulso fin nell’incarnazione fisica, così che non soltanto pote­rono insegnare (senza vedere in tale attività il loro compito prin­cipale), ma soprattutto agirono attraverso la propria forza mora­le. Uno degli scolari di tale scuola occulta sul Mar Nero nacque, nella successiva incarnazione, come Francesco d’Assisi. Nessuna meraviglia, perciò, che in lui vivesse la saggezza che aveva accol­ to, la saggezza sulla fratellanza degli uomini, sull’uguaglianza degli uomini, sulla necessità di amare in ugual modo tutti gli uomini, poiché la sua anima era pervasa da questa dottrina, ed era stata rafforzata dall’impulso del Cristo.


Come agì dunque tale impulso del Cristo in questa sua vita successiva? Agì in modo che, quando egli rinacque in mezzo ad una popolazione nella quale erano attivi i demoni della malattia di cui abbiamo parlato, questo impulso del Cristo influenzò quei demoni attraverso Francesco d’Assisi, assorbendo in sé quanto vi era in essi di sostanza cattiva e liberandone gli uomi­ni. Prima di fare ciò, l’impulso del Cristo s’incorporò in quella sostanza in modo da diventare per Francesco d’Assisi in un pri­mo tempo la visione del palazzo, e poi l’altra che lo chiamò ad assumere il peso della povertà. Così l’impulso del Cristo era di­ ventato nuovamente vivo in lui, e da lui si riversò fuori ed af­ferrò questi demoni della malattia. Allora le sue forze morali di­vennero così potenti da esser capaci di asportare le sostanze spi­rituali dannose che la malattia aveva attirato su di sé. Soltanto così fu creata la possibilità di condurre ad un’evoluzione supe­riore quello che ho descritto come azione tardiva dell’antico ele­mento atlantico, di spazzar via dalla terra le sostanze cattive e purificarne il mondo europeo.


Guardiamo come la vita di Francesco d’Assisi si svolge in modo singolare. Nell’anno 1182 è nato. Noi sappiamo che i pri­mi anni di vita di un uomo servono soprattutto allo sviluppo del corpo fisico. Nel corpo fisico evolvono in prevalenza le forze dell’ereditarietà esteriore. Perciò entrò in lui l’eredità esteriore delle popolazioni europee. Le qualità si manifestarono a poco a poco per il fatto che, come ogni altro uomo, dal settimo al quat­tordicesimo anno di età egli sviluppò il suo corpo eterico. In es­so si manifestarono le caratteristiche derivanti dall’impulso del Cristo che aveva agito in lui direttamente nei misteri del Mar Nero. Quando più tardi la sua vita astrale, dal quattordicesimo anno in poi, si manifestò, la forza del Cristo divenne in lui par­ticolarmente vivente per il fatto che ciò che era rimasto legato con l’atmosfera della terra dopo il mistero del Golgota, penetrò anche nel suo corpo astrale. Francesco d’Assisi era una persona­lità compenetrata dalla forza esteriore del Cristo perché, nella sua vita passata, egli l’aveva cercata dove era possibile trovarla, in quella così speciale scuola iniziatica.


Da ciò vediamo come agiscono le differenziazioni nell’uma­nità, poiché differenziazioni devono venire. Ciò che attraverso anteriori avvenimenti era stato sospinto verso il basso, può, me­diante straordinari avvenimenti nel corso dell’evoluzione dell’u­manità, di nuovo essere innalzato. In un altro luogo era già una volta avvenuta un’elevazione straordinaria che exotericamente era sempre rimasta inspiegabile. Perciò gli uomini avevano ri­nunciato a comprenderla. Con l’esoterismo si può invece tro­varne la spiegazione: fra gli uomini che più rapidamente si era­no innalzati dagli strati inferiori della popolazione occidentale e che avevano superato a poco a poco il passaggio dai gradi infi­mi, pur non avendo molto sviluppato il loro intelletto e rima­nendo relativamente umili e semplici, i migliori poterono esse­ reinnalzati, a tempo debito, soltanto mediante un potente im­pulso che si rispecchiò in essi: furono gli uomini che ci sono de­ scritti come i dodici apostoli di Gesù. Essi rappresentarono la quintessenza delle infime caste che non erano giunte in India. Da esse doveva venir presa la sostanza per gli apostoli del Cristo Gesù. Con ciò non è detto nulla sulle incarnazioni precedenti o posteriori delle individualità degli apostoli, ma solo sulla gene­ razione fisica dei corpi nei quali erano incarnate le personalità degli apostoli. Bisogna sempre distinguere la linea dell’eredita­rietà fisica da quella delle incarnazioni.


Si ritrova così l’origine della forza morale nella nobile per­sonalità di Francesco d’Assisi. Non si dica che per l’uomo co­mune non vale di regola scegliere come esempio un così eccelso ideale, quale si manifesta nella figura morale di Francesco d’As­sisi. Non si pretende che ciascuno diventi un Francesco d’Assi­si, non si dice questo; ma ho voluto mostrare con un esempio evidente da che cosa provenga la forza morale, come essa pene­ tri nell’uomo e si palesi in lui come una forza originaria. E dal­lo spirito di tutto quello che abbiamo trattato si può intuire che noi siamo già stati elevati da altre forze evolutive umane, e spe­cialmente che l’umanità ha già compiuto un periodo di discesa e che ora di nuovo ha intrapreso un periodo di ascesa.


Se noi guardiamo a ritroso nell’evoluzione dell’umanità at­traverso l’epoca postatlantica, arriviamo fino alla catastrofe atlantica, e andando ancora più indietro nell’epoca atlantica ri­saliamo fino all’epoca lemurica. Quando giungiamo agli inizi dell’umanità terrestre, ci troviamo in un’epoca nella quale non soltanto le qualità spirituali degli uomini erano più simili a quelle divine, per il fatto di essersi sviluppate dalla vita stessa dello spirito, ma esse scaturivano anche dalla moralità; perché all’inizio dell’evoluzione terrestre non vi è immoralità, bensì moralità. La moralità era un dono divino originario, era insita originariamente nella natura umana, come le forze spirituali, quando l’uomo non era ancora così profondamente disceso in basso. In fondo, gran parte dell’immoralità penetrò nell’uma­nità proprio nel modo che abbiamo descritto, soprattutto attra­verso il tradimento dei segreti superiori durante l’antica epoca atlantica.


Perciò non si può parlare della moralità come se essa fosse stata sviluppata dagli uomini, ma come qualche cosa che esiste nel fondo dell’anima umana e che soltanto attraverso successive civiltà è stata coperta e conculcata.


Indagando i fatti nella giusta luce, non possiamo dire che l’immoralità sia arrivata al mondo attraverso la stupidaggine; es­ sa è piuttosto entrata nel mondo per il fatto che ad uomini an­cora immaturi furono svelati per tradimento i segreti della sag­gezza. Proprio per questo gli uomini subirono una tentazione al­ la quale soggiacquero, e perciò decaddero. Perché essi possano rialzarsi è quindi necessario, per prima cosa, che sia spazzato via tutto ciò che nell’anima umana si è ac­cumulato contro gli impulsi morali; e questo possiamo anche dedurlo dalla nostra odierna esposizione. Voglio dirlo ancora in una forma diversa.


Poniamo il caso che di fronte a noi vi sia un delinquente, un uomo immorale nel più grave senso della parola; noi non dob­biamo però credere che in quest’uomo immorale non vi siano degli impulsi morali. Essi sono in lui, e noi li troveremo pene­trando nella profondità della sua anima. Non vi è nessun uomo — ad eccezione dei maestri di magia nera, di cui oggi non vo­gliamo parlare — in cui non esista un fondamento di bene mo­rale. Quando un uomo è cattivo, lo è perché quello che nel cor­so del tempo è entrato in lui come errore spirituale si è sovrap­posto al tesoro morale. La natura umana non è cattiva; era anzi veramente buona un tempo, e proprio una concreta osservazio­ne della natura umana ci dimostra che nell’intimo suo essere es­sa è buona, e che proprio le aberrazioni spirituali l’hanno allon­tanata dalla via della moralità. Perciò le deviazioni morali devo­no poi essere riparate di nuovo nel corso del tempo. Le stesse aberrazioni ed anche i loro effetti devono essere di nuovo con­ dotti a bene. Però, in un luogo in cui gli effetti postumi del ma­le morale sono tali che vi esistono già demoni di malattie, là de­vono entrare in azione forze morali superiori, come quelle di Francesco d’Assisi.


Sempre si stabilisce un miglioramento in un uomo, quan­do noi gli togliamo l’errore spirituale. Ma che cosa occorre per fare ciò? Teniamo presente nello sfondo quanto abbiamo detto prima; lasciamo parlare i fatti, lasciamo parlare i nostri senti­ menti e le nostre sensazioni, e cerchiamo di riassumerli in un sentimento fondamentale. Ci si potrà quindi porre la domanda: di che cosa ha bisogno l’uomo nei suoi rapporti con gli altri uo­mini? Proprio per prima cosa, gli occorre di avere fede nella ori­ginaria bontà dell’uomo, della natura umana! Questa è la prima cosa da dire quando vogliamo trattare di morale in parole: che essa è un incommensurabile bene esistente nel fondo della na­ tura umana. Questo si diceva Francesco d’Assisi. E quando in­contrava degli uomini ammalati della malattia che abbiamo ca­ratterizzata, la lebbra, Francesco d’Assisi, da buon cristiano del suo tempo, si diceva: questo tipo di malattia è in un certo sen­so effetto del peccato; ma poiché il peccato è una deviazione spirituale, essa potrà venir tolta ed elevata per mezzo di una grande, potente forza che le sia contrapposta. Così Francesco d’Assisi vedeva nel peccatore il castigo stesso del peccato nella sua manifestazione esteriore. Ma vedeva anche il buono della natura umana, vedeva come le forze divine spirituali sono radi­cate nelle profondità della natura umana. La potente fede nella bontà di ogni natura umana, anche della natura umana punita, era ciò che distingueva in modo straordinario Francesco d’Assi­si.


Perciò fu possibile che nella sua anima comparisse la forza capace di agire in contrasto al male, la forza morale che dona e aiuta, la forza risanatrice dell’amore. Quando veramente si svi­luppa al massimo questa fede nella bontà originaria della natu­ra umana, non si può arrivare ad altro che ad amare la natura umana come tale.


Questi due impulsi fondamentali possono realmente susci­tare moralità: in primo luogo, la fede nel divino insito nelle profondità di ogni anima umana; in secondo luogo, l’immenso amore che scaturisce da questa fede. Questo immenso amore condusse Francesco d’Assisi presso i lebbrosi, i deboli, i derelit­ti. Ma un terzo elemento si aggiunge, che si costruisce necessa­riamente sopra questi due fondamentali; e cioè un uomo che ha la base della fede nella bontà dell’umana natura, arriva a dirsi: quello che noi vediamo come risultato dell’originaria bontà del­ l’uomo e dell’amore attivo indica a noi una prospettiva di avve­nire che palesa che ogni singola anima, anche quando sia molto decaduta dalle altezze della vita spirituale, può essere ricuperata per la vita spirituale medesima. Questo terzo impulso è la spe­ranza che ogni anima umana possa ritrovare il cammino verso il divino spirituale. Possiamo dire che Francesco d’Assisi ha senti­to parlare infinite volte di questi tre impulsi, così che egli li ave­ va sempre davanti agli occhi, durante la sua iniziazione nei mi­steri della Colchide sul Mar Nero. Ma possiamo anche dire che, nella vita che condusse quale Francesco d’Assisi, poco egli pre­ dicò sulla fede, sull’amore, perché egli stesso era un’incarnazio­ne di questa fede e di questo amore. Essi erano incorporati in lui. In lui essi comparivano come immagini sensibili davanti al­la sua epoca. Nel mezzo stava quello che veramente agiva.


Non agisce la fede, non agisce la speranza. Bisogna averle ambedue, ma attivo è soltanto l’amore. Esso è ciò che veramente fa pro­gredire l’uomo nel senso della moralità verso la divinità, e fu al centro della particolare incarnazione di Francesco d’Assisi.


Rudolf Steiner O.O. 155 - Cristo e l'anima umana

Norrkoping, 29 Maggio 1912


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"Sulle orme di San Francesco d'Assisi"



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INTRODUZIONE AL VIAGGIO


Per conoscere la storia di un Santo sempre in cammino, sia esteriormente che interiormente, non si può far altro che seguire le sue orme. Quelle che il tempo e la storia hanno saputo conservare.


Dodici passi, il primo dei quali lo compiremo ad Averna, ove San Francesco visse una delle massime connessioni con il divino nella sua vita, chiedendo la compartecipazione alla Passione del Cristo concessagli attraverso l’esperienza delle stigmate.


Il secondo passo ci vedrà percorrere fisicamente una delle passeggiate preferite da Francesco, ove il Santo incontrò “Fratello Lupo” e al termine del quale noi incontreremo il luogo ove venne ubicata la prima comunità Francescana, fondata dal poverello. Ci troveremo qui, a Gubbio.


Proseguiremo la nostra esperienza con il terzo passo attraverso i meravigliosi bagliori rosati della facciata della chiesa di San Francesco, opera dedicata alla Madonna e dove trova posto anche un ricordo al caro amico di Francesco Spadalonga.


Poi ancora, un passo dopo l’altro, nel quarto passo a meravigliarci saranno i miracoli di Sant’Ubaldo celebrati nella chiesa a lui dedicata e dove vivremo anche una speciale esperienza “sul campo”: forse saprete che sulla collina dove cammineremo, nel periodo natalizio viene creato uno degli alberi più grandi di tutta Europa, illuminato da valle alla cima del colle, ebbene… noi camminando verso valle dalla vetta intrecceremo i simboli del natale antroposofico realizzati solitamente per Natale sui rami degli alberi che troveremo, con anche una breve descrizione che resisterà alle intemperie e che potrà essere letta dai viandanti. Questo per permettere al futuro albero di Natale di illuminarsi sapendo che quesi simboli saranno “appesi” proprio lì. Certo sono piccoli e non si vedranno da lontano, ma nel cuore porteremo questo pensiero quando le luci di Natale si accenderanno sulla collina.


Successivamente arriveremo al Tempio di Minerva, quinto passo, per gettare uno sguardo anche al passato e ricordarci che tutti gli immensi uomini sono destinati anche ad immense fatiche.


Poi come dimenticare che dietro ogni grande uomo vi è sempre una grande donna! Ecco allora la Chiesa di Santa Chiara, con la cripta ove la Santa riposa emanando ancora tutta la sua forza e grazia. Ed il sesto passo è compiuto.


Naturalmente, tappa fondamentale non potrà che essere la celeberrima Basilica di San Francesco, il settimo passo: basilica inferiore e superiore, voluta dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità e dove una serie di opere attribuite a Giotto ci racconteranno la storia della sua conversione, la storia dell’ordine Francescano ed infine la storia dell’esequie del Santo.


Gli ultimi passi non mancheranno certo di regalarci ancora meravigliose esperienze:


Ottavo passo: Eremo Delle Carceri

Nono passo: grotta di San Francesco

Decimo passo: il Santuario di Rivotorto.


Per terminare il nostro viaggio, ancora una volta in un vero cammino percorso da Francesco nel suo andar verso Piandarca incontrò un gran stormo di uccelli. Chissà quale benedizioni sussurrò loro il Santo, chissà se nelle generazioni il messaggio sia stato tramandato sussurrato alle uova che in primavera attendono la schiusa? Chissà se qualche uccellino, deliziandoci con le sue melodie, vorrà donare a noi qualcosa di quel lontano ricordo?


Ma… vi chiederete… l’ultimo passo? Il dodicesimo? Sarà il rientro alle nostre dimore, dove troveremo un “nuovo uomo” ad attenderci, dentro. Sapremo andare incontro a questo uomo con una rinnovata forza del cuore? Sapremo cogliere i frutti dei nostri passi per assaporarli in unione con una nuova famiglia di spirito che si verrà a formare con i pellegrini passo dopo passo?


Se volete scoprirlo, viaggiate con noi e troverete come un viaggio in un luogo così speciale, vissuto alla luce di conoscenze ed esperienze di natura Antroposofica, vi sorprenderanno con una naturalezza unica e gli occhi, ce lo auguriamo, splenderanno di nuova luce.


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