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L'importanza del prendere nota delle esperienze del sovrasensibile


La conoscenza spirituale afferra l'uomo nel suo complesso. Il sapere ordinario afferra solo la testa, l’intelletto, e cioè quel che in fondo si comporta in maniera assai neutrale nei confronti del diretto sperimentare personale. Noi sappiamo anche come affaticando solo il capo tutto il rimanente sia un'aggiunta. Certo, per arrivare a talune cose dell'odierna conoscenza bisogna faticare molto. Parecchi sanno parlare dello studiare che essi spesso interrompono perché non è piacevole. Ma quel che si affatica per la conquista del sapere ordinario non è l’uomo nel suo complesso. Se però si penetra nella vera conoscenza del mondo soprasensibile nel modo prima indicato, si ha l'impressione che lavorando solo con l'intelletto, con ciò che ha quale organo il capo, la conoscenza spirituale si volatilizzi come i sogni, si volatilizzi sia nelle grandi linee sia nei particolari.


Succede veramente che quando si arriva a penetrare nel mondo spirituale, a oltrepassare quello che vien chiamato il « Guardiano della soglia » del mondo spirituale, si sperimenta una gran difficoltà, non riguardo al contenuto conoscitivamente raggiunto perché quello è molto reale, ma si ha una gran difficoltà a portare nell'ambito della coscienza con tutta la sua realtà ciò che si sperimenta. Il fatto è che moltissime persone possono arrivare relativamente presto a esperienze spirituali, ma occorre presenza di spirito per afferrarle subito. Per la maggior parte degli uomini le esperienze spirituali esistono, ma prima che essi vi abbiano prestato attenzione, ecco, sono già scomparse. Bisogna avere la presenza di spirito capace di volgere rapidamente lo sguardo su quanto si sperimenta. La presenza di spirito è qualcosa di molto necessario per la conoscenza spirituale; la presenza di spirito, quale è descritta nel mio libro L'iniziazione, va presa molto sul serio.


Quando si arriva ad afferrare le conoscenze che risiedono in realtà fuori dello spazio e del tempo, ed è perché sono fuori che si sottraggono con facilità, esse prendono esteriormente l'aspetto di sogni. Si fatica molto a toglier loro il carattere di sogno. Sfugge come sogno ciò di cui ci si occupa solo con la testa. Mi è perciò lecito dire che chi, attingendo al mondo spirituale, parla in forma di idee, mentre parla deve sempre avere quel mondo davanti a sé. A tal comunione con il mondo spirituale egli può tuttavia abituarsi soltanto se, almeno in qualche forma, partecipa a quella conoscenza con tutto il proprio essere. Qualcuno può arrivarvi in un modo; qualcun altro in modo diverso. Per esempio io dovetti sempre fissare mediante alcune singole parole isolate o disegni simbolici quello che mi si presentava alla percezione spirituale. Non era per scrivere come sotto influsso medianico. Era uno scrivere molto consapevole, assolutamente cosciente, ma quando si scrive non si adopera solo la testa, bensì anche qualcosa d’altro che ne completa l'attività estendendola a tutta la persona.


Non è affatto importante che in seguito ci si valga di quanto è stato scritto come di appunti da consultare; importa solo quel che si è fatto. Posso dire che nella mia vita ho messo insieme interi mucchi di quaderni d'appunti che non sono poi mai tornato a guardare, perché ciò che conta è il trattenere quel che si è veduto nel mondo spirituale con una forza pili vigorosa di quella della sola testa. E viene trattenuto con una forza più vigorosa quando l'esperienza avuta si riversa nella mano attraverso l’impulso volitivo che conduce a scrivere. La possibilità di trattenere, fissare le esperienze interiori avute nel mondo spirituale dipende dal viverle direi « organicamente », col proprio essere tutt’intero.


Rudolf Steiner

O.O. 231 - L'Uomo Soprasensibile alla luce dell'Antroposofia


 

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