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La Meditazione della Rosacroce di Rudolf Steiner

Aggiornamento: 13 feb 2021


Citerò ora un esempio della concentrazione interiore in una rappresentazione simbolica. Anzitutto occorre che tale rappre­sentazione venga costruita nell’anima, e ciò può farsi nel seguen­te modo.


Rappresentiamoci una pianta, come essa è radicata nel suolo, come butta una foglia dopo l’altra e come si sviluppa nel fiore. Immaginiamoci ora un uomo accanto a quella pianta, e suscitiamo nell’anima nostra il pensiero che l’uomo ha caratteri­stiche e capacità che si possono dire più perfette di quelle della pianta; si rifletta su come egli possa recarsi qua e là a seconda dei suoi sentimenti e della sua volontà, mentre la pianta è vincolata al suolo. Ma ci si dica ora anche questo: «Sì certamente, l’uomo è più perfetto della pianta, ma scopro in lui qualità che non per­cepisco nella pianta, e per la loro assenza essa mi appare, da un determinato punto di vista, più perfetta dell’uomo. L’uomo è pieno di passioni e di desideri ai quali uniforma la sua condotta. Posso dire che i suoi desideri e le sue passioni lo trascinano a molte aberrazioni. La pianta invece segue le pure leggi della cre­scita di foglia in foglia, essa schiude senza passione i suoi fiori ai raggi puri del sole».


Posso dirmi: l’uomo gode di una certa perfezione rispetto alla pianta, ma per acquistarsi questa perfezione dovette permet­tere che, oltre alle forze pure che sono nella pianta, istinti, desi­deri e passioni penetrassero nel suo essere. Mi rappresento ora che il verde succo scorre attraverso la pianta ed è l’espressione delle leggi pure e prive di passione della crescita; mi rappresento poi come il sangue rosso scorra attraverso le arterie, e in esso vedo l’espressione di istinti, desideri e passioni. Queste idee devono divenir viventi nella mia anima. Mi rappresento inoltre come l’uomo sia capace di evoluzione; come possa purificare i suoi istinti e le sue passioni per mezzo delle facoltà superiori della sua anima. Penso come in tal modo gli elementi inferiori di questi istinti e di queste passioni rimangano annientati e come quelle qualità purificate rinascano a un gradino superiore. Il sangue potrà quindi rappresentare l’espressione degli istinti e delle passioni purificate. Allora con lo sguardo spirituale consi­dero la rosa e mi dico: «Nel petalo rosso della rosa vedo il colo­ re del verde succo della pianta trasformato in rosso; e la rosa rossa, come la foglia verde, segue le leggi pure, scevre di passio­ni, della crescita. Il rosso della rosa può ormai diventare per me il simbolo di un sangue in cui si esprimono gli istinti e le pas­sioni purificate che hanno eliminato i loro elementi inferiori e che, nella loro purezza, uguagliano ormai le forze che sono atti­ ve nella rosa rossa». Cerco ora di elaborare tali pensieri non sol­ tanto nella mia mente, ma di farli vivere nei miei sentimenti. Può invadermi un sentimento di beatitudine, quando mi rap­ presento la purezza e la mancanza di passione della pianta in cre­scita; posso creare in me il sentimento che determinate perfezio­ni superiori debbano essere acquistate al prezzo di brame e pas­sioni. Questa idea può trasformare la beatitudine che prima sen­tivo in un sentimento più serio; può destarsi allora in me un senso di felicità liberatrice, se mi abbandono all’idea del sangue rosso che, come il succo rosso della rosa, può diventare il veico­lo delle esperienze interiori pure. È importante non restare impassibili di fronte ai pensieri che servono alla costruzione di una rappresentazione simbolica. Dopo essersi dati a questi pen­sieri e sentimenti, occorre trasformarli nella seguente rappresen­tazione simbolica. Ci si rappresenti una croce nera. Questa deve essere il simbolo per i distrutti elementi inferiori di istinti e pas­sioni, mentre là, dove le braccia della croce s’incrociano, bisogna raffigurarsi sette rose rosse raggianti, ordinate a forma di circolo.


Queste rose saranno il simbolo del sangue che esprime le passio­ni e gli istinti purificati.


Ora, è una rappresentazione simbolica di questo genere che deve essere evocata nell’anima, nel modo già descritto per la rap­ presentazione di un ricordo. Tali rappresentazioni hanno forza risvegliatrice per l’anima, se interiormente ci si immerge in esse. Mentre ci si concentra, bisogna cercare di escludere ogni altra rappresentazione. Soltanto il simbolo caratterizzato deve aleggia­ re in spirito davanti all’anima con la maggiore vivacità possibile.


Non è senza importanza che questo simbolo non sia citato qui semplicemente come una rappresentazione risvegliatrice, ma che esso sia stato prima costruito per mezzo di determinate con­siderazioni sulla pianta e sull’uomo. L’influenza di un tale simbo­lo dipende infatti dalla circostanza di essere stato costruito nel modo descritto, prima di servire alla concentrazione interiore. Se ce lo rappresentiamo senza aver prima sperimentato nella nostra anima quel lavoro di costruzione, esso rimarrà freddo e molto meno efficace, come se gli mancasse la forza vivificatrice animica che gli proviene dalla preparazione. Durante la concentrazione, non bisogna però richiamare nell’anima i pensieri serviti a prepa­rare il simbolo; deve aleggiare in spirito davanti all’anima unica­ mente l’immagine vivente del simbolo, e all’unisono con essa deve vibrare nell’anima il sentimento che è risultato dai pensieri preparatori. Così il simbolo diventa un segno accanto all’esperienza del sentimento; l’effetto viene appunto esercitato dal sof­fermarsi dell’anima in questa esperienza. Quanto più a lungo vi si può trattenere senza essere disturbata da altre rappresentazioni, tanto più risulterà efficace l’intero processo. Perché il sentimento non si affievolisca, nondimeno è bene che, oltre al tempo effetti­vamente dedicato alla concentrazione, vengano spesso rievocati i pensieri e i sentimenti che erano serviti nel modo appunto descritto a costruire tale immagine. E quanta più pazienza si applica in tale ricapitolazione, tanto più l’immagine risulta effi­ cace per l’anima.


Un simbolo come quello descritto non rappresenta nessuna cosa o essere esteriore che venga prodotto dalla natura; appunto per questa ragione esso possiede la forza di destare determinate facoltà puramente animiche. Senza dubbio si potrebbe sollevare la seguente obiezione: certo il simbolo, nel suo “insieme”, non esiste nella natura, ma nondimeno tutti i suoi singoli particolari sono tratti dalla natura: il colore nero, le rose, ecc., tutto viene percepito dai sensi. Chi si preoccupasse di tale obiezione, dovreb­be riflettere che non sono le riproduzioni delle percezioni dei sensi che conducono al risveglio delle facoltà superiori dell’ani­ma, ma che questo effetto viene prodotto unicamente dal modo in cui questi particolari sono stati connessi. E questa connessione non riproduce qualcosa che esiste nel mondo sensibile.

L’uomo può conseguire anche la conoscenza per ispirazione e intuizione soltanto per mezzo degli esercizi animico-spirituali. Essi sono analoghi a quelli già descritti per acquistare l’immagi­nazione, e cioè “la concentrazione interiore” (meditazione). Ma mentre gli esercizi che conducono all’immaginazione si riconnet­tono alle impressioni del mondo fisico-sensibile, negli esercizi invece che conducono all’ispirazione questo nesso deve sempre più venir eliminato. Per rendersi chiaro conto di che cosa deve avvenire, sarà bene considerare nuovamente il simbolo della rosa­ croce.

Quando ci si concentra in quel simbolo, si ha davanti a sé un’immagine di cui le singole parti sono tratte dalle impressioni del mondo sensibile, il colore nero della croce, le rose, ecc. Ma la riunione delle varie parti a forma di rosacroce non è tratta dal mondo fisico-sensibile. Se dunque il discepolo cerca di eliminare completamente dalla propria coscienza, quali immagini di realtà sensibili, la croce nera e anche le rose rosse, e conserva nell’anima soltanto l’attività spirituale che ha presieduto alla riunione delle varie parti, disporrà allora di un mezzo per una meditazione atta a condurlo per gradi all’ispirazione. Occorre più o meno chieder­ si nella propria anima: che cosa ho fatto interiormente per com­ binare quel simbolo della croce e delle rose? Desidero conservare ciò che ho fatto, il processo che si è svolto nella mia anima, eli­minando però dalla coscienza l’immagine stessa. Voglio poi senti­re in me l’attività esplicata dalla mia anima per generare quel­ l’immagine, sopprimendo però la rappresentazione della immagi­ne stessa. Voglio ormai vivere interiormente nella mia attività che ha creato l’immagine. Voglio meditare perciò non sopra un’im­magine, ma sulla mia attività animica, creatrice d’immagini.


Questa meditazione deve essere applicata a molti simboli, e conduce infine alla conoscenza per mezzo dell’ispirazione. Un altro esempio sarebbe quello di concentrarsi sulla rappresentazione del crescere e deperire di una pianta. Si faccia sorgere nell’anima l’immagine di una pianta che cresce per gradatamente, che spunta dal seme, che si sviluppa foglia per foglia sino alla fioritura e al frut­to; ci si raffiguri poi la pianta che comincia ad appassire fino alla sua completa decomposizione. Per mezzo della concentrazione in siffatta immagine si arriva per gradi al senso della crescita e del deperimento di cui la pianta non rappresenta più che un simbo­lo. Da questo sentimento, se l’esercizio è praticato con perseve­ranza, può gradatamente venire a formarsi l’immagine della tra­sformazione che sta a base del crescere e del deperire nel mondo fisico. Ma se si vuol arrivare alla corrispondente ispirazione, l’e­sercizio va fatto in modo ancora diverso. Occorre tener presente l’attività della propria anima che, dall’immagine della pianta, ha acquistato la rappresentazione del divenire e del deperire. Bisogna ora eliminare completamente la pianta dalla coscienza e concen­trarsi soltanto sulla propria attività interiore. L’ascesa all’ispira­zione è possibile soltanto per mezzo di tali esercizi; dapprima non riuscirà molto facile al discepolo comprendere del tutto come regolarsi per eseguirli. E così perché l’uomo, abituato a far deter­minare la propria vita interiore dalle impressioni esteriori, si sente subito vacillante e incerto quando deve sviluppare una vita ani­ mica che abbia eliminato ogni legame con le impressioni esterio­ri. Nei riguardi degli esercizi che conducono all’ispirazione — e questa precauzione è in tal caso ancora più necessaria che per gli esercizi che conducono all’immaginazione — occorre che il disce­polo si renda chiaro conto che dovrebbe accingersi a praticarli soltanto se nel contempo coltiva tutto ciò che potrà aiutarlo a consolidare e ad affermare la sua capacità di giudizio, la sua vita del sentimento e il suo carattere. Se prende questa precauzione, raggiungerà un duplice scopo; prima di tutto non rischierà di perdere, per mezzo degli esercizi, l’equilibrio della sua personalità nella veggenza soprasensibile; in secondo luogo acquisterà in tal modo la capacità di eseguire correttamente gli esercizi stessi.


Questi esercizi sembreranno difficili finché non si sarà acquistato un determinato atteggiamento dell’anima, certi speciali senti­ menti e sensazioni. La comprensione e la capacità per questi eser­cizi verrà ben presto acquistata da chi coltiva nell’anima con pazienza e perseveranza le qualità interiori favorevoli al germo­gliare delle conoscenze soprasensibili. Ne avrà grande giovamen­to chi si abitua a penetrare spesso nella propria interiorità, non tanto per rimuginare su se stesso, quanto per riordinare ed elabo­rare con calma le esperienze attraversate nella vita. Egli si accor­gerà che le rappresentazioni e i sentimenti si arricchiscono quan­do un’esperienza della vita viene messa in relazione con le altre; diverrà cosciente e comprenderà che si possono acquistare molte conoscenze, non soltanto per mezzo di nuove impressioni e di nuove esperienze, ma anche per mezzo dell’elaborazione delle antiche. Conviene lasciare libero gioco al contrasto fra le nostre esperienze e perfino tra le nostre opinioni, cercando di non pren­dervi parte alcuna con le nostre simpatie e antipatie, i nostri inte­ressi e sentimenti personali; prepareremo in tal modo un ottimo terreno per le forze conoscitive soprasensibili; verrà così vera­ mente formata ciò che si può chiamare una ricca vita interiore.


Rudolf Steiner

O.O. 13 - La Scienza Occulta nelle sue Linee Generali

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